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Viaggio nei sapori d’autunno da Palazzolo Acreide e Linguaglossa, “capitali” siciliane della salsicca

Nel centro siracusano si parte con “Accoglienza ottobrina”, sull’Etna la presentazione ufficiale del nuovo presìdio Slow Food

Di Redazione |

Cambio di stagione e cambio di menù. Con l’affermazione definitiva dell’autunno, la salsiccia si riprende il posto che le spetta (assieme a funghi e castagne) a tavola e in tutte le sagre che stanno ritornando (prudentemente) ad essere programmate per i weekend. 

La prima “uscita” è quella della salsiccia tradizionale di Palazzolo Acreide, sarà la grande protagonista a tavola della seconda edizione di “Accoglienza Ottobrina”, un ciclo di appuntamenti che animeranno il centro del siracusano tutte le domeniche del mese di ottobre. Nei sette ristoranti del circuito Vicoli&Sapori sarà proposto un menu, diverso per ogni locale, in cui troverà un posto di tutto rispetto la Salsiccia, Presidio Slow Food.

Ogni menu consta di quattro portate (un antipasto, un primo, un secondo ed un dolce) e spetterà al singolo chef proporre la Salsiccia secondo la propria filosofia di cucina all’interno dei piatti ideati per Accoglienza Ottobrina: si potrà così scegliere tra la costata ripiena con salsiccia e uovo di quaglia, il medaglione di salsiccia con porcini e patate schiacciate oppure gli gnocchi, cavolo vecchio e salsiccia, per non parlare dei ravioli di ricotta con crema di fave secche e salsiccia o i ravioli di zucca in salsa di funghi e salsiccia o, ancora, il sottopetto croccante di suino nero con “sinapi” saltate con tocchetti di salsiccia e la salsiccia di Palazzolo Acreide sfumata al vino bianco su patatine speziate ai fiori di finocchietto selvatico ibleo.

La Salsiccia tradizionale di Palazzolo Acreide, lo ricordiamo, viene prodotta da 2666 anni con la carne del suino nero ibleo, da quando cioè fu edificata l’antica Akrai dai corinzi siracusani. In realtà vi sono resti fossili e fonti scritte che testimoniano la presenza di questo animale fin dal periodo della dominazione greca (VII-VI secolo a. C.), animale che veniva chiamato u niuru e ciò per la sua cotenna ricoperta di setole nere. Il Suino Nero viene oggi allevato allo stato brado o semibrado o stabulare, in un ambiente dove il microclima è asciutto e ventilato. I foraggi, i mangimi, i pascoli erbosi, carrube, ghiande, imprimono alla carne suina un gusto ed una tenerezza unica. Nella preparazione della salsiccia svolgono un ruolo importante anche altri ingredienti come il peperoncino rosso, il finocchietto selvatico seccato all’aperto ed il vino rosso del Val di Noto. Infine, ben nove tagli di carne di suino nero entrano in gioco per questa competizione che ha come obiettivo finale una qualità assoluta.

Grazie a questo ciclo di appuntamenti nei ristoranti dell’associazione Vicoli&Sapori si vuole da un lato promuovere tra i consumatori la bontà e le peculiarità di questo prodotto presidio Slow Food e dall’altro rinsaldare e rilanciare il lavoro sinergico che da tempo vede impegnati i soci, siano essi allevatori, macellai che ristoratori, aderenti al presidio (che quest’anno compie cinque anni di vita) e che fanno parte dell’Associazione Salsiccia di Palazzolo Acreide.

Sempre in tema di salsiccia, la “cugina” al ceppo prodotta a Linguaglossa sarà la regina di una degustazione ufficiale, la prima da quando è stata inserita nella lista dei presìdi siciliani di Slow Food, domenica 24, nella “patria” d’origine. L’ingrediente base è un mix di tagli di coscia, pancetta, guanciale, lardo e capocollo, che vengono tagliuzzati in pezzi piccolissimi con il “partituri” (un coltello locale) e poi impastati a mano e conditi con sale, pepe nero e semi di finocchietto selvatico raccolto sull’Etna. La dose di ciascun taglio cambia in ogni ricetta ed è un po’ come la firma del singolo macellaio. In alcuni casi, si innova un poco la preparazione classica con qualche altro sapore: un pizzico di cipollotto oppure pomodoro semisecco e provola stagionata. Si capisce che l’impasto è amalgamato perfettamente dal suono che fa nelle mani e dal fatto che si possa tenere tutto a palla infilato in un dito. A quel punto si insacca nel budello naturale e si lega con lo spago, formando corde di salsicce lunghe circa due metri.

La salsiccia al ceppo di Linguaglossa si mangia fresca e cotta, ma alcuni macellai la appendono in un luogo fresco e ventilato per una essicazione leggera che dura 20, 25 giorni. La ricetta più classica è la salsiccia alla brace con i caliceddi, una verdura spontanea moto diffusa sulle pendici dell’Etna, che si sbollenta e si passa in padella. Secondo la tradizione, “caliceddi e sasizza” non possono mancare dalla tavola l’11 novembre, il giorno di San Martino. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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