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Gela, Cosa nostra si ricompatta per droga e armi, 15 arresti vicini al clan Rinzivillo

Smantellato il gruppo guidato da un ex avvocato abile anche a procacciare l’hashish e i micro-cellulari per i detenuti

Laura Mendola

18 Settembre 2025, 11:18

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Cosa nostra si rigenera così le famiglie Rinzivillo e di Campofranco trovano un canale di comunicazione per non far mancare l’approvvigionamento di armi e droga. È questo uno spaccato che emerge con il blitz “The wall” condotto ieri dai carabinieri del Comando provinciale dei Carabinieri con il quale la Dda di Caltanissetta ha smantellato l’ennesimo sodalizio criminale dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti che avrebbe favorito la famiglia mafiosa dei Rinzivillo. Ne sono certi i magistrati che per un anno hanno monitorato Grazio “Orazio” Ferrara, l’ex avvocato che tornato libero in attesa del giudizio finale per concorso in associazione mafiosa avrebbe messo in piedi un gruppo che avrebbe piazzato hashish e cocaina (in misura minore anche crack) a Gela.

Secondo l’organigramma ricostruito con l’indagine Ferrara avrebbe avuto il ruolo di capo e promotore dello spaccio, occupandosi dell'apertura di nuovi canali di approvvigionamento e mettendo in contatto gli associati con i fornitori. Quando tra gli associati c’erano dei contrasti era lui che “sanava” il tutto. Accanto a lui ci sarebbero stati Giovanni Rinzivillo e Rocco Grillo che durante la detenzione ad Agrigento e Ancona continuavano a “lavorare” grazie ad alcuni cellulari che avrebbero loro permesso di mantenere i contatti con Alessandro Peritore (fratello del collaboratore di giustizia Calogero), Nunzio Caci e il fornitore lombardo Elvis Ziu. Sarebbero stati Peritore e Caci che procedevano anche alla riscossione dei crediti. A Caci anche il compito di custodire le armi del gruppo che sarebbero state nascoste all’interno di un casolare in contrada Spinasanta di Daniele Nocera il quale si sarebbe occupato del trasporto e cessioni di sostanza stupefacente. A Giuseppe Emmanuello, invece, il compito di mantenere i rapporti con i nisseni che si rifornivano di cocaina, così come è emerso in precedenti indagini. A Giovanni e Luigi Rinzivillo, invece, non solo il compito di portare la droga a Caltanissetta ma anche farsi aiutare da Pietro Santoro e Giovanni Santoro di Catania (indagati a piede libero) per introdurre all’interno del carcere di Agrigento l’hashish da destinare al cugino Giovanni.


Sarebbe toccato a Martina Grillo, invece, il compito di gestire la cassa dell’associazione, raccogliendo i soldi che gli altri sodali versavano per il mantenimento in carcere del compagno e del fratello.
Secondo l’indagine dei carabinieri dalla Lombardia in Sicilia sarebbero giunti 50 chili di hashish attraverso Alessandro Peritore e il palermitano Emanuele Del Noce. La droga sarebbe giunta anche da Genova grazie ad un “corriere”, al momento ignoto, che si è messo in macchina con il carico mentre Peritore e Del Noce hanno fatto ritorno in aereo.
Alcuni componenti del gruppo, come detto, mantenevano i rapporti dal carcere con l’esterno e mentre alcuni di loro erano detenuto a Messina venne utilizzato anche un drone per far arrivare all’interno della struttura non solo droga ma anche i piccoli cellulare. Un’operazione fallita perché chi manovrava l’aggeggio non è riuscito più a tracciare il percorso. Un episodio che ha fatto andare il gruppo su tutte le furie perché non avevano previsto l’incidente.