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Catania, il “pasticcio” della Pubbliservizi tra ricorsi e la paura del personale

Doo il fallimento decretato dal Tribunale, tensione nel corso del consiglio comunale dedicato al flop della società partecipata

Di Maria Elena Quaiotti |

Pubbliservizi, la cruda realtà dei fatti è la seguente: preso atto della procedura di liquidazione della società decretata dalla Sezione fallimentare del Tribunale di Catania a far data dal 31 dicembre, sarà la Città metropolitana ad anticipare le somme per il ricorso al decreto da inviare entro domani, mercoledì, nel quale bisognerà dimostrare la sostenibilità finanziaria per gli emolumenti; saranno chiesti (e dovrebbero venire accordati) sei mesi di proroga tecnica dal 31 dicembre di quest’anno per capire come procedere, se con altra società partecipata o appalto, se non altro per garantire i lavori richiesti (manutenzione di scuole e strade, del verde, eccetera).

«I lavoratori saranno comunque tutelati, devono esserlo, per legge. Esiste la clausola sociale», ha chiarito ieri mattina Federico Portoghese, commissario straordinario di Comune e Città metropolitana, lo ha fatto nel corso del consiglio comunale straordinario convocato a Palazzo degli Elefanti, richiesto la settimana scorsa dal consigliere Graziano Bonaccorsi, M5S, con adesioni bipartisan, sia per ricostruire la disastrosa storia della partecipata di Città metropolitana, sia per cercare di trovare una sponda e permettere di salvare ciò che resta di Pubbliservizi, ennesimo “fallimento della politica”, quella clientelare, si intende.

Il Comune è sede inusuale per discutere di una partecipata di un altro ente, ma l’unica “sede politica” presente allo stato attuale, anche perché le ricadute dell’eventuale fallimento della società non potranno che avere effetti anche e soprattutto sul capoluogo etneo. I lavoratori, le “tute arancioni” che erano presenti sia in aula che in piazza Duomo nonostante la pioggia, dovrebbero quindi riuscire a ricevere gli stipendi di novembre, dicembre e la tredicesima. Per l’immediato futuro si parla di costituire un bacino prefettizio, soluzione già vista per i lavoratori del settore Ecologia, e comunque non si escludono ulteriori ipotesi. Ma non prima della scadenza dei sei mesi di proroga.

È stato il commissario Portoghese a ristabilire i confini della discussione, non senza attimi di tensione in aula con consiglieri (anche ex assessori, come Salvo Di Salvo, forse dalla memoria corta): «Non mi sono mai sottratto a confronti con i lavoratori – ha precisato – ma solo delegato a chi doveva riceverli, il Cda. Io ho iniziato a occuparmi di Pubbliservizi lo scorso 9 febbraio e mi sono trovato di fronte a documenti da presentare al Tribunale tutti in disordine, perfino quelli predisposti dal sindaco Salvo Pogliese, nei quali si parlava di misteriosi fondi perduti… una cosa è certa, fino all’ultimo giorno non sono stati forniti dati reali. Città metropolitana è proprietaria di Pubbliservizi, ma non è l’ente che doveva predisporre la procedura di concordato per il Mise, che è invece il Cda. I commissari nominati dal Ministero inoltre già da anni avrebbero dovuto fornire la situazione finanziaria reale, e non lo hanno fatto. Noi non solo abbiamo confermato i 5 milioni di euro previsti da Pogliese, ma anche aggiunto 500 mila euro giustificati, e non a fondo perduto come era stato richiesto in modo illegittimo, che abbiamo inserito per servizi ambientali, per esempio l’Oasi del Simeto. Erano anche “sfuggiti” 2,8 milioni di euro di commesse da regolarizzare, il che porterà da 10-11 milioni di capitolato 2020-2022 a 13,7 milioni. È anche vero che Pubbliservizi dal 2019 al 2021 ha fatturato il 20,28%, quindi niente rispetto alle commesse che vengono date, inoltre non sono stati fatti i calcoli neanche per il personale in quiescenza, vi invito a guardare gli atti depositati al Tribunale. Più volte avevo invitato il presidente del Cda (Giuseppe Molino) ad allinearsi, doveva essere il Mise a supportare il Cda, e non è avvenuto. Perché 35 milioni di euro non bastano a coprire il buco? Sarà il tribunale amministrativo o penale a definirlo».

«In Pubbliservizi circola il virus della “malagestio», fin dalla sua nascita, nel 2006 – ha evidenziato Bonaccorsi, non risparmiando nomi e cognomi, dall’ex presidente della provincia Raffaele Lombardo ad Adolfo Messina, “pupillo” di Rosario Crocetta presidente della Regione, poi arrestato, ai sindaci Bianco e Pogliese – la presunta “grande politica” ci ha portato a questo punto. Se uno spiraglio c’è lo trovi, ma la “vera” politica».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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