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Diciotti, l’orrore raccontato dai minori “scheletrini” “tenuti al buio”

Di Redazione |

ROMA – «Abbiamo accolto 27 scheletrini, il più magro sarà stato un pò più basso di me e sarà pesato una trentina di chili, la gamba con lo stesso diametro del mio polso. Abbiamo accolto 27 scheletrini, uno era tutto e solo orecchie. Abbiamo accolto 27 scheletrini, uno non riusciva a camminare perché era pieno di dolori. Abbiamo accolto 27 scheletrini, tre avevano delle bende lerce al polso, al piede e al braccio sparato. Abbiamo accolto 27 scheletrini, comprese due splendide fanciulle». E’ la testimonianza di un’operatrice – pubblicata da Terre des Hommes – presente ieri sera al porto di Catania allo sbarco dei 27 minori dalla nave Diciotti. 

«Mentre li guardavo, seduti a terra e delimitati da transenne, mi sentivo la ricca e bianca signora europea che si reca la domenica pomeriggio allo zoo umano, così, per vedere l’effetto che fa», prosegue. «Il mio è un lavoro fatto di parole, come gli essere umani – spiega l’operatrice di TdH -. Ieri sera eravamo in grosse difficoltà con la lingua, i fanciulli erano tutti eritrei tranne una ragazzina somala. Il mediatore non era potuto essere presente. A volte non restava che guardarci, domandarci con gli occhi ‘Ma quindi come va, come ti senti?’. ‘Ma tu chi sei? Perché mi guardi? Che vorresti dirmi?’». «E mentre ci scambiavamo questi sguardi – conclude – io pensavo, a dispetto della incredibile magrezza, della scabbia, delle orecchie a sventola, dei capelli arruffati di salsedine, delle bende lerce, del braccio sparato… pensavo che erano proprio belli. Mi ripetevo questo, “Che belli che siete”, e posso solo immaginare la mia faccia inebetita di fronte a tanta resilienza e, soprattutto, al permanere della capacità di fidarsi dell’altro».

E ancora sulle condizioni dei minori a bordo della Diciotti anche il racconto di Nathalie Leiba, una psicologa di Medici Senza Frontiere. «Uno di loro non riusciva a vedere bene, aveva le pupille dilatate, mi ha raccontato di essere stato detenuto al buio per un anno» e «un altro aveva male alla spalla perché gli hanno sparato i trafficanti». «Questi bambini sono sopravvissuti alla Libia e a un terribile viaggio in mare, come tutte le persone bloccate da giorni a bordo» aggiunge Medici Senza Frontiere che chiede ancora una volta alle autorità italiane di permettere lo sbarco e l’accesso alle cure a tutti loro. I team medici e psicologici di MSF offrono supporto psicologico agli sbarchi in Sicilia e operano in vari centri di accoglienza secondaria in Sicilia.

«Ieri notte sono stata al porto di Catania per prestare un primo soccorso psicologico ai minorenni che sono sbarcati dalla nave Diciotti» racconta ancora la Leiba. «Ho trovato i ragazzi molto stanchi, esausti, erano anche confusi: avevano capito che a bordo c’era stato un problema, ma non avevano capito esattamente di cosa si trattasse. I ragazzi erano eritrei e tra loro – spiega – c’erano dei casi particolarmente vulnerabili. Ci hanno raccontato le loro storie e quello che avevano passato in Libia. La maggior parte di loro ci hanno raccontato di periodi di detenzione molto lunghi, superiori ad un anno in cui hanno subito violenze fisiche e maltrattamenti». In particolare ci sono due situazioni di minori che hanno particolarmente impressionato Nathalie. «Uno non riusciva a vedere bene – racconta la psicologa di Msf – continuava ad aggiustare gli occhi a livello della luce, aveva le pupille molto dilatate. Mi ha spiegato che è stato un anno detenuto al buio subendo vessazioni e torture, mentre i libici lo costringevano a telefonare alla famiglia in cambio di denaro. L’altro ragazzo è stato invece ferito alla spalla. I trafficanti stavano litigando per chi avrebbe dovuto rapire questo gruppo di cui faceva parte e gli hanno sparato. Aveva 15 anni. Per cui aveva dolore alla spalla e la mano ritratta».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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