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Festa Liberazione, «Noi giovani Antifa alternativa sociale accanto agli ultimi»

Di Andrea Lodato |

Catania – Emma, Damiano, Alice, Elisabetta, Simone, Lorenzo. Se il vecchio Santino Serranò è il fiore del partigiano, loro sono i germogli. Del resto tutti insieme superano non di molto gli eroici 96 anni di Serranò. Di mezzo c’è la storia di questo Paese, ma davanti c’è il presente. E ci dovrebbe essere il futuro. Ecco, presente e futuro. Ma per questi ragazzi che fanno parte del Cpo Colapesce di Catania, una settantina di “Antifa” militanti, che per le loro idee lavorano, litigano, si impegnano, si confrontano, che cosa rappresenta questo 25 aprile? Partiamo da qui. Che cos’è questo 25 aprile? Che cosa l’antifascismo su cui è stato riaperto un dibattito che pareva chiuso dagli esiti della storia? Damiano Cucè, portavoce di Potere al Popolo a Catania e tra i coordinatori regionali del partito.

«Noi crediamo che l’antifascismo sia un valore fondamentale, oggi più che mai: le destre avanzano in questo Paese, tutto l’arco parlamentare è spostato a destra, di conseguenza l’opinione pubblica è inclinata a destra e cresce il clima di odio e di xenofobia. Antifascismo oggi vuol dire ricostruire una memoria storica, dire alla gente che in passato, nemmeno tanto tempo fa, uomini e donne diedero la propria vita per un’idea di Italia libera dall’oppressione e dalla violenza fascista. Noi ci portiamo questo valore dentro e, spesso, leggiamo insieme le lettere dei condannati a morte per capire cosa hanno voluto insegnarci quei tantissimi giovani della nostra età che con il loro sacrificio cambiarono l’Italia».

I valori fondanti della democrazia, ma non solo. Crescerli e coltivarli all’interno di un centro sociale come il Colapesce, assume risvolti di più ampio respiro. Diventa molto di più, spiegano Elisabetta Busacca (che si occupa del doposcuola popolare), Simone Corica e Lorenzo Mirabella (responsabili sportello contro lo sfruttamento). «Oggi noi ci sentiamo antifascisti, partigiani, perché siamo di parte, dalla parte dei deboli, degli sfruttati, e quindi spesso anche poveri, lavoratori, precari, disoccupati, donne vittime di violenza di genere, giovani che sono costretti ad emigrare».

Il senso dell’impegno di questi ragazzi è chiaro e non concede sconti a nessuno. «A nessuno. D’altronde per noi il 25 aprile non è nemmeno giorno per partiti come il Pd che per anni ha fatto accordi in Libia, fatto imprigionare migranti nei lager, distrutto i diritti dei lavoratori e la scuola pubblica, sfruttato il territorio, permesso le grandi e inutili opere. E questo non perché pensiamo che l’antifascismo sia un valore esclusivo, ma perché pensiamo che essere antifascisti non voglia dire essere anti Mussolini o anti ventennio. Antifascismo vuol dire per noi essere anticapitalisti, ovvero essere contro l’idea che poche persone detengano quasi tutta la ricchezza della città, dell’Italia, del mondo».

Molto più ampio è lo spazio ideologico e culturale che questi ragazzi occupano, che si prendono, che pretendono. Nelle ultime settimane il Cpo è stato al centro di attacchi e accuse per la storia dell’aggressione subita da un ragazzo di destra. Nella vicenda nessuno entra oggi essendoci un’inchiesta in corso, ma di raccontare che cosa sia il Colapesce hanno sempre voglia. Parla ancora Damiano: «Siamo stati identificati come violenti, come quelli che “occupano perché non hanno nulla da fare”. Nelle scuole con Liberi Pensieri Studenteschi, in Piazzetta e al Colapesce abbiamo dimostrato che per noi, invece, la condivisione, la solidarietà, il mutuo soccorso, sono cose importanti e che servono per creare comunità sociali che si rispettano, che si aiutano, che non litigano. Certo, la violenza è uno strumento necessario a volte. Opporsi ad uno sfratto, opporsi alla smantellamento di un territorio, al razzismo, alla militarizzazione, è a volte violento, ma necessario: noi non deteniamo canali tv o giornali, stiamo nel territorio e spesso usiamo il nostro corpo come mezzo di resistenza».

L’antifascismo quotidiano del Colapesce, dicono i ragazzi, sono le 16 attività settimanali che vengono svolte. Il doposcuola popolare formato da 25 bambini, viene gestito da Elisabetta, e lei tiene i rapporti con tutte le famiglie, e insieme ad altri volontari (una decina circa) organizza feste, compleanni, programma didattico, educativo. E i bambini di diverse nazionalità così stanno insieme. «E’ il modo che utilizziamo per costruire comunità e giovani antirazzisti, antisessisti, antifascisti». Un’altra priorità è il lavoro. «Con lo sportello contro lo sfruttamento stiamo riuscendo a seguire la vertenza ltm Abate, stiamo seguendo un gruppo di giovani riders, e altri piccoli casi, per un totale di circa una quarantina di persone che vengono allo sportello e al Colapesce per supporto legale».

«Poi c’è Alice Di Vita – spiega ancora Damiano – che si occupa di tutta la questione sociale e del rapporto con le associazioni, cercando di trovare punti di incontro tra il povero catanese e l’immigrato marginalizzato. Emma si occupa degli studenti medi che utilizzano il posto per riunioni, mostre artistiche e che fanno attività nelle scuole anche sul tema dell’antifascismo: cineforum, volantinaggi, assemblee, comitati. E’ questo il nostro antifascismo, è questo che celebriamo oggi, il ricordo dell’Italia liberata e l’impegno quotidiano per costruire alternative politiche e sociali».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA