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L'intervista

I saluti del prefetto di Catania Librizzi: «Quattro anni intensi a partire dal Covid, resto in città»

Nel bilancio anche la gestione di eventi internazionali come il G20. "L'associazionismo elemento positivo di questo territorio»

Di Laura Distefano |

«Sono arrivata con la mascherina e me ne vado con la morte del Papa». Il 30 aprile a mezzanotte Maria Carmela Librizzi lascerà l’incarico di Prefetto di Catania. Nessun passaggio di consegne, ma il traguardo della pensione.

Prefetto, facciamo un bilancio?

«Sono stati quattro anni intensi e di grande lavoro, abbiamo fronteggiato situazioni anche complesse e difficili. Dagli eventi di protezione civile, con il Medicane, con l’alluvione, ma anche eventi che hanno segnato molto la comunità catanese, l’incendio dell’aeroporto, i roghi, con il black out elettrico e idrico. Abbiamo avuto la gestione di eventi internazionali, c’è stato anche un G20. Io ho il dovere di dire dei “grazie”, al questore Calvino prima, al questore Bellassai adesso, ai comandanti provinciali di Arma e Finanza, prima Coppola e adesso il generale Altavilla, al generale Raimondo, che c’è stato per tutto il periodo, ai comandanti dei Vigili del Fuoco. Insomma devo dire che c’è stata una squadra-Stato. E credo che questo sia per un Prefetto il modo migliore per concludere».

Come ha visto Catania cambiare in questi anni?

«Questa città ha molte criticità, dal malcostume al degrado, però dall’altra parte devo dire che un elemento di positività è l’associazionismo, il privato sociale che svolge un ruolo importantissimo, che anche sopperisce ad alcune lacune in vari territori, ma che riesce con il senso civico, con il rispetto per le fragilità, a svolgere un ruolo che è veramente fondamentale. E questo è un valore aggiunto per qualsiasi comunità. Due figure importanti in questo mio quadriennio sono state quella dell’arcivescovo Gristina prima e ora dell’arcivescovo Renna, che rappresenta un faro per questo suo impegno sociale, per questa sua capacità di chiamarci tutti a raccolta, soprattutto per migliorare questa realtà. E come non citare il Presidente del Tribunale dei Minori, Di Bella, con cui abbiamo avviato questo unicum dell’osservatorio contro la devianza minorile».

Catania può ambire a diventare una città europea pulita, senza barriere architettoniche e dove periferia e centro siano connessi?

«Ha tutte le potenzialità per esserlo. In questi giorni di festa basta passeggiare in centro per vedere la città piena di turisti. Questo è l’abbraccio della città con le sue bellezze architettoniche e con l’Etna, che rappresenta anche lei un’attrazione ma anche un modo per rapportarsi con un’emergenza che è sempre costante e che viene affrontata con la capacità di tanti tecnici e professionalità. È chiaro che si deve fare ancora molto. Ma l’amministrazione comunale, con il sindaco Trantino, sta mettendo in campo tante iniziative per migliorare, per rendere questa città una città europea. Ne ha tutte le carte. Però, va detto, che questo non dipende solo dai politici e dalle forze dell’ordine, ogni cittadino dovrebbe sentirsi ed essere cittadino europeo. Cittadino italiano in primis ed europeo».

Non la ferisce che Catania vada a finire sui tg nazionali per una corsa clandestina?

«Questo è stato un episodio che turba, che dimostra come ancora ci sia tanto da fare, ma che evidenzia sostanzialmente un modo di approcciarsi che è anche un modo della criminalità di continuare a volere dominare questa città. Però il nostro compito è di non consentirglielo. E quindi di mettere in campo tutto quello che è necessario perché questi episodi, che da una parte dimostrano magari la tracotanza, l’episodio di spavalderia, ci fanno capire anche come i ragazzi abbiano bisogno di essere aiutati. Perché non può essere il futuro di un ragazzo quello di stare su un motorino con una pistola in mano e seguire una corsa di cavalli. Il futuro di un cittadino, di un ragazzo catanese, dovrebbe essere quello di essere proprio cittadino di questa città e volere bene a questa città».

Dall’Osservatorio, e dai ragazzi delle scuole anche dei quartieri più a rischio, arrivano molti segnali e semi di speranza?

«Io sono andata in molte scuole, li ho coinvolti in molte cerimonie anche per far conoscere le Istituzioni. Io ho visto dei ragazzi impegnati, non è una gioventù che è persa dietro ai social, ci sono talenti che veramente meritano di essere portati all’attenzione.Non solo talenti musicali come Alfio Russo, che ho visto in qualche modo crescere con il suo sassofono incredibile, ma ci sono anche ragazzi cui ho visto svolgere il ruolo di baby sindaco con una responsabilità, con una pianificazione, con una programmazione che lascia stupiti, meravigliati ma anche fiduciosi, che il futuro evidentemente è e può essere ancora migliore».

Dalle ultime inchieste si scopre che i commercianti continuano a pagare il pizzo e lo fanno anche colossi imprenditoriali. E, quello ancor più grave, è che si nega anche di fronte all’evidenza rischiando anche una denuncia penale. La rivoluzione culturale è ancora lontana?

«Questa è veramente la cosa che più ferisce e che più colpisce. L’impegno per denunciare il pizzo necessita di un ulteriore impulso, perché non si può considerare il pizzo un’assicurazione, perché in questo modo si perde la dignità e si perde il senso della propria libertà. Non ci si rende conto che questo è un modo per la criminalità di inserirsi nell’attività economica. Il pizzo è un fenomeno trasversale che coinvolge dall’ambulante alla grande impresa. Questo significa che non c’è la consapevolezza di che cosa significa oggi pagare il pizzo. Ci vuole veramente un grande impegno, anche delle associazioni dei datori di lavoro, dei commercianti. Non possiamo consentire che ancora si consideri il pizzo una polizza assicurativa».

Con l’Osservatorio si lavora anche con i minori dell’area penale. Penso ai detenuti dell’Ipm. Come si può far capire a questi giovani che un’altra strada è possibile?

«Io sono andata al carcere minorile di Bicocca. Devo dire che l’impressione che ho avuto è di un istituto penitenziario dove si fanno tante attività, emerge un campo di calcio, un teatro, i ragazzi sono coinvolti e con l’osservatorio li abbiamo coinvolti con tanti protocolli. A questi ragazzi bisogna far capire che c’è un’altra Catania, che c’è una Catania in cui si possono sedere nei palchi del teatro Bellini al posto delle autorità e vedere un’opera, magari cominciare a capire la musica o partecipare a una rappresentazione teatrale o andare in questi laboratori come quello del giornalismo. Come dice il direttore de La Sicilia: formare ed informare, cioè dare la possibilità a questi ragazzi di scrivere, di fare parlare del loro territorio. Credo che questo sia un dovere nostro ed un impegno».

Qualche rimpianto? C’era qualcosa che voleva fare e non ha portato a termine?

«Intanto un rimpianto è che non ho potuto visitare tutti i comuni, ma avrei dovuto avere un po’ di anni in più a disposizione. Questo mi dispiace nei confronti dei sindaci, dai quali ho avuto una grandissima collaborazione. È chiaro che, evidentemente, sebbene i dati statistici ci dicano che i reati sono diminuiti, sebbene c’è un’attività delle forze dell’ordine che è veramente significativa sempre sul territorio, è anche vero che se anche si registra un furto o una rapina, la percezione di sicurezza diminuisce. E quindi questo può ingenerare nella comunità un senso di sfiducia nell’Istituzione. Allora, se questo si è verificato, dovevo impegnarmi ancora di più per fare qualcosa di più e per far sì che i cittadini capissero che comunque noi siamo qui, noi ci siamo. E abbiamo avuto sempre come nostro obiettivo rendere questa città un po’ più sicura».

A proposito di Comuni. Tanti sono stati quelli sciolti per infiltrazioni mafiose in questo quadriennio.

«Questo ci dà la sensazione di quello che è l’infiltrazione della criminalità nelle amministrazioni comunali. La criminalità organizzata utilizza una forma sobria, direi, sottotono, ma questo non vuol dire niente perché in realtà hanno gli strumenti per potersi purtroppo inserire colpendo quella che è la zona grigia».

Cosa farà dopo il 30 aprile?

«Intanto un trasloco. La sensazione che ho è quella di quando finiva il liceo e avevamo tre mesi di vacanze. Io in questo momento mi pongo in quest’ottica, ho per la prima volta, dopo 41 anni, tre mesi di vacanze».

Che augurio si fa?

«Visto che resterò a Catania mi auguro, come cittadina catanese d’adozione, di poter continuare a essere orgogliosa e fiera di essere cittadina catanese. Per fare questo, bisogna essere buoni cittadini».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA