Catania
I “vecchi” boss contro le meteore su Tik Tok: le intercettazioni del blitz Leonidi
Lo scontro generazionale dentro Cosa nostra
Non è una questione d’età. Ma di vedute. L’operazione Leonidi mette a confronto due modi di intendere l’essere mafiosi. Coloro che guardano ai vecchi padrini del passato, come Nitto Santapaola e Santo Battaglia, e i nuovi rampolli sempre più avvezzi a imitare i personaggi di Gomorra. Diplomazia mafiosa e violenza quando serve contro ostentazione e pistolettate facili. Nelle pagine dell’ordinanza si evidenzia la netta dicotomia tra «la vecchia mafia, dei grandi che restano fedeli alla vecchia guardia, da un lato, e l’azione della mafia giovane, spregiudicata, irruente, avvezza alla esibizione di status symbol sui social e alla vita gaudente, dall’altro».
Davide Finocchiaro è il portavoce della mafia degli uomini d’onore, che si è conformato «ai canoni della tradizione» e «ha criticato chi si discosta». Più volte ha rivendicato, con orgoglio, la sua appartenenza allo storico gruppo del Villaggio. E lo ha ricordato al rampollo Seby Ercolano jr, figlio dell’ergastolano Mario, rimproverandolo per come stava “giostrando” la vicenda degli spari al passareddu. «Io oggi sono il “Villaggio”, che ha scritto la storia. Seby, noialtri abbiamo i morti, abbiamo gli ergastolani, abbiamo il seguito… Ci siamo? Ora… io che vedo determinate persone… che non fanno niente… ed i miei “compagni” fanno la fame… io non l’accetto… Io ho pensato ai miei compagni ni galera, non gli faccio mancare niente… anziché di aprire cinquanta bottiglie io gli faccio comprare le sigarette ai miei compagni in galera l e a me, i miei compagni “grandi”, che qualcuno sta per uscrie… non mi deve vedere su “tik tok” che apro bottiglie spensierato. Tu non lo stai capendo che ci stai mettendo la faccia! Con questi quattro sciamuniti, non ti sta entrando in testa, Seby vedi che la tua famiglia quando ci metteva la faccia, gli spaccava la testa alle persone! Ci rompevano le corna, io non sono per la guerra, io sono per le cose giuste, però se tu mi dicevi “Ci andiamo?” Dieci motociclette in un quartiere? Io ti dicevo “Ma avete sbattuto tutti la testa qua?”. Glielo devi dare lo spazio di parlare a quelli “grandi”, non funziona cosi Sebi. Tu, invece devi stare dentro. Tu ti devi levare, a parte che non è che ti devi fare schifiare».
Daniele Strano, arrestato la settimana scorso nel blitz Ombra della polizia e a capo per volere del reggente Ciccio Russo del gruppo della Stazione, ha un pensiero totalmente in contrasto. L’indole è violenta, vendicativa, fredda. Parole che hanno superato i confini di un codice non scritto nel “rispetto” se non generazionale ma gerarchico della famiglia di Cosa nostra. «Purtroppo è il sistema che non funziona più… non si può cambiare perché all’interno… arrivano messaggi anche sbagliati dai vecchi che sono lì dentro chiusi! Non è che arrivano messaggi buoni! Quelli, poveretti, che possono fare? Prendi uno come tuo padre, me lo dici che può fare uno che è da vent’anni che è in galera e che ha l’ergastolo, che può fare? Niente! Gli possono raccontare le cose. Lui là dentro s’arrimina e può dire al sua, ma alla fine? Che fa? Niente, non può fare niente! I figli di quello che possono fare che sono tutti a 41, niente! Il vecchio “Nuccio”, che può fare, niente! (…) tutti questi cugini e parenti dei Santapaola. prendi i figli di “Colluccio” ( Salvatore Santapaola , ndr) non hanno “preso” niente niente nè dal papà, né dagli zii…»COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA