Il futuro della giustizia: a Catania le sfide, le riforme e la nuova era del processo penale
Il XX congresso dell’Unione Nazionale delle Camere Penali d’Italia, tra tensioni sulla riforma del CSM, richieste di tutela dei diritti e la sfida della modernizzazione del sistema giudiziario
Il XX congresso dell’Unione Nazionale delle Camere Penali d’Italia si è aperto a Catania con il Teatro Massimo Vincenzo Bellini gremito, sotto il segno della riflessione su "La Giustizia che sarà" dopo la riforma dell’ordinamento giudiziario, in particolare degli articoli della Carta Costituzionale, della riforma del CSM e della separazione delle carriere. Ad avviare i lavori, il presidente della Camera Penale di Catania, avvocato Francesco Antille, ha stigmatizzato l’assenza dei vertici degli uffici giudiziari locali, sottolineando che “le iniziative di civiltà non possono essere certo oggetto di malcelate fughe”. Presente invece il presidente nazionale dell’ANM, Cesare Parodi, che ha ribadito le nette divergenze tra magistratura e avvocatura sulla riforma in discussione.
Magistrati e avvocati distanti: perché
Parodi ha spiegato che il dissenso non nasce da motivazioni politiche ma dalla difesa di valori costituzionali fondamentali per i cittadini, ammettendo la difficoltà di far comprendere queste posizioni nell’opinione pubblica. Rispondendo alle critiche che accusano la magistratura di non pagare per propri errori, ha richiamato il funzionamento delle commissioni disciplinari e delle responsabilità patrimoniali calibrate per garantire la funzionalità del sistema, senza privilegi. L’ANM avverte che il vero rischio della riforma è un grave depotenziamento del Consiglio Superiore della Magistratura, creato proprio per tutelare l’esercizio della funzione giurisdizionale e non direttamente i magistrati, e che il progetto potrebbe alterare l’equilibrio costituzionale tra i poteri.
Nel proseguo della giornata, il sindaco di Catania e avvocato Enrico Trantino ha ringraziato l’UNCPI per aver scelto la città come sede del congresso, proprio nel trentennale dell’uccisione mafiosa dell’avvocato Serafino Famà, ricordando anche il messaggio di suo padre Enzo: la toga non è un’occasione ma un destino. Anche il presidente del COA di Catania, Ninni Distefano, ha omaggiato la memoria di Famà.
Il vicepresidente del Csm Pinelli
Un intervento significativo è quello dell’avvocato Fabio Pinelli, vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, che ha definito il processo penale “cuore dello Stato di diritto” ma ormai vittima di una crisi sistemica fatta di inefficienze, derive populiste e un modello carcerocentrico che ne ha distorto la funzione. Pinelli ha richiamato la necessità di preservare l’equilibrio tra indipendenza della magistratura, efficienza del sistema e tutela effettiva dei diritti dei cittadini, sottolineando come la discussione non debba limitarsi alla sola riforma ordinamentale.
Il vicepresidente CSM ha denunciato la fragilità del codice di rito, indebolito da modifiche continue e da prassi difformi, e l’incertezza giuridica generata da una legislazione ipertrofica che mescola in modo confuso modelli accusatori e inquisitori. La lentezza dei processi, ha spiegato, mina la fiducia dei cittadini e viola i diritti fondamentali, diventando terreno fertile per populismi e richieste di giustizia sommaria.
Pinelli ha poi evidenziato le molteplici cause della “giustizia lumaca”: carenza di risorse, sovraccarico normativo, digitalizzazione incompleta e organici insufficienti. Ha invitato a guardare al futuro con uno sguardo collettivo e senza pregiudizi, proponendo un tavolo permanente di confronto tra magistratura, avvocatura, giuristi, accademici e politica per affrontare le sfide poste dalle trasformazioni sociali, demografiche e tecnologiche.
Tra queste, spicca la sfida dell’Intelligenza Artificiale: Pinelli ha parlato di una vera “rivoluzione d’epoca” che richiede adeguamenti giuridici profondi e una nuova cultura della giustizia, capace di rigenerare il ruolo dell’avvocatura come classe intellettuale protagonista. Ha sottolineato l’urgenza di un diritto penale che rispetti autenticamente la persona, promuova la prevedibilità delle decisioni, valorizzi la cultura del dubbio e limiti l’uso eccessivo delle pene, con un carcere che non sia più “luogo di morte”.
In conclusione, Pinelli ha indicato come priorità la costruzione di una “giustizia del cittadino”, moderna e attenta ai mutamenti della società, ponendo così le basi per la “giustizia che sarà”, oltre la sola architettura costituzionale e in sintonia con le esigenze del presente e del futuro.