La piantagione di marijuana nel terreno della Timpa di Acireale: due uomini presi mentre irrigavano le piante
Il blitz dei carabinieri: l'"erba" sul mercato avrebbe fruttato circa 50 mila euro
Avevano messo su una piantagione di marijuana in un terreno nei pressi della Timpa. Sono queste le accuse che hanno portato all’arresto di due persone, di 65 e 57 anni, residenti uno ad Acireale e l’altro ad Aci Catena. L’arresto è stato eseguito dai Carabinieri della Compagnia di Acireale per coltivazione di sostanze stupefacenti in concorso.
I militari hanno notato movimenti strani durante un servizio perlustrativo nelle campagne adiacenti a via Mortara, ad Acireale. Si trattava di un terreno agricolo isolato, situato nelle vicinanze della riserva della Timpa con impianti irrigui artigianali visibili oltre la recinzione. I carabinieri hanno così effettuato un primo controllo, accertando la presenza di diverse decine di piante di marijuana in fase di crescita. Immediatamente è stato predisposto un servizio di osservazione con il coinvolgimento dei Comandi Stazione che avevano effettuato la scoperta (sia Acireale che Aci San Antonio). Alcuni militari in abiti civili si sono appostati nei pressi dell’area osservando la situazione anche con l’utilizzo di sofisticate attrezzature per l’osservazione a distanza per intercettare chi, di fatto, stava curando la coltivazione illegale di marijuana. Altri equipaggi hanno presidiato le vie di accesso e le possibili vie di fuga. Verso le 17 poi due persone sono state viste entrare nel fondo agricolo e hanno iniziato a irrigare e recidere alcune piante per trasportarle all’interno del casotto per l’essiccazione. A quel punto, è scattato il blitz e i due soggetti sono stati bloccati e messi in sicurezza.
Subito dopo, è stata eseguita una perquisizione approfondita dell’intera area, che ha permesso di accertare come i due avessero allestito una vera e propria piantagione ben strutturata, realizzata con cura e meticolosità su quattro terrazzamenti coltivati a regola d’arte. Le piante, disposte in filari ordinati e ben distanziati, crescevano rigogliose, con altezze comprese tra i 40 e i 70 centimetri. Il sistema di irrigazione, seppur artigianale, era sorprendentemente funzionale: circa 30 metri di tubazione in plastica nera attraversavano l’intero appezzamento, diramandosi su ciascun livello, in modo da raggiungere ogni pianta. Il flusso dell’acqua era regolato da un timer elettronico, programmato per garantire l’irrigazione automatica nei diversi momenti della giornata, rendendo di fatto la coltivazione autonoma e difficilmente rilevabile.
La gestione post-raccolta era altrettanto organizzata. All’interno del casolare, parzialmente nascosto dalla vegetazione e collocato a margine del terreno, era stata allestita un’area adibita all’essiccazione dello stupefacente. Le infiorescenze appena recise venivano trasportate manualmente nel casolare e appese a corde tese lungo le pareti o adagiate su griglie e reti. Una parte del raccolto era già in fase avanzata di essiccazione, mentre un’altra era pronta per essere lavorata. In un angolo, era stato perfino ricavato uno spazio per un forno artigianale rudimentale, probabilmente usato per accelerare la disidratazione del prodotto. In un vano laterale del casotto, nascosta sotto teli plastificati e cassette da frutta, è stata inoltre rinvenuta una seconda sostanza stupefacente, verosimilmente hashish, suddivisa in piccoli blocchi compatti.
I militari hanno accertato la presenza di 65 piante in piena coltivazione, 50 piante appena recise e 43 già essiccate. Tutto il materiale, compresa l’infrastruttura agricola e gli strumenti utilizzati per la produzione, è stato sottoposto a sequestro penale. Secondo le stime, la sostanza sequestrata, se immessa sul mercato al dettaglio, avrebbe potuto fruttare ai due arrestati un guadagno illecito compreso tra i 45 mila e i 55 mila euro.