L'inchiesta "podere mafioso"
Mafia, ditte fantasma e finti braccianti agricoli: chiesta condanna per 19
L’ombra del clan Laudani nella truffa sulle indennità di disoccupazione scoperta dalla Finanza di Catania nel blitz del 2017
Sono trascorsi 7 anni dal blitz “Podere mafioso”. L’operazione scoperchiò gli interessi dei Laudani di Paternò e Giarre (l’organizzazione aveva una base logistica in tutte e due le città) a ottenere in modo illecito le indennità di disoccupazione Inps previste per il settore agricolo. Grazie alla compiacenza di funzionari pubblici e professionisti i boss sarebbero riusciti a intascare soldi pubblici. Il sistema è quasi sempre lo stesso: creazione di azienda fantasma che ingaggiavano finti lavoratori agricoli. Gli investigatori parlarono di 500 braccianti invisibili. La pm Tiziana Laudani ha chiesto al Tribunale di condannare i 19 imputati. Pene chieste da 3 a 9 anni.
Il capo di questo sistema di scatole vuote – le aziende erano aperte e chiuse nel giro di pochi mesi – sarebbe stato Leonardo Patanè detto “Nardo Caramma”, Antonio Magro e Giovanni Muscolino, gli ultimi due ritenuti ai vertici rispettivamente del gruppo di Paternò e di Giarre del clan Laudani. A loro è contestata anche l’aggravante mafiosa. Antonio Magro, difeso dall’avvocato Eugenio De Luca, ha fatto i conti con la giustizia diverse volte. Il paternese è stato condannato a 30 anni, sentenza definitiva, per l’omicidio di Maurizio Maccarrone nel 2014.
Negli affari “delle indennità” sarebbero stati coinvolti anche la moglie e i figli di Patanè, Daniela Wissel, Orazio ed Emanuela Ramona. I familiari sarebbero stato il braccio operativo di Patanè nella gestione di tutte le fasi della truffa. Il ruolo di reclutatori dei braccianti sarebbe stato affidato a Francesco Michele Cirami, Vincenzo Cucchiara, Francesco Gallipoli, Fabrizio Giallongo, Claudio Speranza e Vincenzo Vinciullo. Ettore Riccobono, oltre che reclutatore, sarebbe stata anche una testa di legno. L’organizzazione gli avrebbe intestato un’agricola che sarebbe stata creata unicamente per ottenere le indennità di disoccupazione.E, infine, poi c’era il colletto bianco: Alfio Lisi, 48enne di Mascali, sarebbe stato il commercialista utile per far partire l’ingranaggio illecito, tra aziende fantasma e falsi braccianti. Il professionista avrebbe offerto le sue prestazioni in cambio di denaro o altre utilità.
Ecco tutte le richieste di pena avanzate dalla pm al Tribunale: Michele Francesco Cirami 6 anni, Vincenzo Cucchiara 6 anni e 6 mesi, Francesco Gallipoli 9 anni, Fabrizio Giallongo 6 anni e 4 mesi, Agatino Guarrera 6 anni e 6 mesi, Vito Orazio La Spina 3 anni, Alfio Lisi 6 anni, Antonio Magro 9 anni e 6 mesi, Giovanni Muscolino 9 anni e 6 mesi, Salvatore Panebianco 3 anni, Santo Panebianco 3 anni, Leonardo Patane 9 anni e 6 mesi, Orazio Patanè 9 anni, Ramona Emanuela Patanè 6 anni, Ettore Riccobono 9 anni e 6 mesi, Claudio Speranza 9 anni, Carmelo Tancredi 9 anni, Vincenzo Vinciullo 6 anni, Daniela Wissel 9 anni.Le arringhe difensive cominceranno il 25 marzo.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA