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Anno giudiziario Catania, il basso profilo della mafia per fare affari

 Lo scrive il presidente della Corte d’appello di Catania, Filippo Pennisi, nella relazione inaugurale dell’anno giudiziario nel distretto

Di Redazione |

«Le organizzazioni mafiose del distretto si sono mosse con una strategia tesa a consolidare il controllo sociale del territorio, ritenuto elemento fondamentale per la loro stessa sopravvivenza e condizione imprescindibile per qualsiasi strategia criminale di accumulo di ricchezza». Lo scrive il presidente della Corte d’appello di Catania, Filippo Pennisi, nella relazione inaugurale dell’anno giudiziario nel distretto. "In quest’ottica – aggiunge – l’attenzione investigativa si è focalizzata nel monitoraggio del rischio che le attività imprenditoriali medio-piccole (ossia quel reticolo sociale e commerciale su cui si regge l’economia delle province del distretto) vengano, nel medio periodo, fagocitate dalle consorterie malavitose, diventando strumento per riciclare e reimpiegare capitali illeciti». "Dalle analisi delle evoluzioni del fenomeno criminale", osserva Pennisi, le organizzazioni, «pur mantenendo una notevole potenzialità offensiva, continuano a perseguire una politica di basso profilo e di occultamento volta a limitare gli episodi di fibrillazione e aperta conflittualità, e conseguentemente gli effetti dell’opera di contrasto realizzata dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania e dalle Forze di polizia». "Sotto un profilo generale – osserva Pennisi – deve rilevarsi che, seppur decimati da recenti e reiterati provvedimenti restrittivi, i clan mantengono nel medio periodo una composizione numerica pressoché inalterata in seguito al continuo ingresso di nuova manovalanza criminale, proveniente dalle sacche di emarginazione e sottosviluppo radicate nelle periferie degradate dei centri del territorio, mai rimosse ed anzi in via di aggravamento per la perdurante crisi economica e le conseguenti difficoltà occupazionali».

Altro argomento affrontato è quello della dispersione scolastica. «Nella città metropolitana di Catania, la dispersione scolastica si attesta intorno a una percentuale del 25,2%. Tale dato, unitamente ai correlati numeri della devianza giovanile, pone la città a livelli di primato nazionale, addirittura prima tra le quattordici città metropolitane». "Il Tribunale per i minorenni di Catania – aggiunge – svolge la propria attività in un territorio storicamente afflitto dalle condizioni di «povertà educativa» di larga parte della popolazione minorile e sconta, nella propria azione, una cronica e grave carenza di risorse amministrative, come già segnalato nelle relazioni d’inaugurazione degli anni passati. Il presidente di quel Tribunale rappresenta altresì che, nel periodo in esame, la persistente emergenza sanitaria da Covid-19 e la correlata crisi economica hanno acuito i conflitti familiari e le condizioni di marginalità, generando nuove povertà e fasce di devianza o disagio». "Una riprova – di quanto segnalato – aggiunge Pennisi – è individuata nel crescente numero di casi il Tribunale per i minorenni ha pronunziato l’adozione di minori in condizione di abbandono morale e materiale o il loro abbinamento propedeutico a coppie istanti per l’adozione, ovvero è intervenuto a tutela di neonati abbandonati in strada o in ospedale. Si è registrata – sottolinea – anche una crescita costante dei procedimenti a tutela di minori in tenera età, in presenza di disfunzionali condotte genitoriali, e un preoccupante trend di reati predatori o legati al traffico di stupefacenti, commessi da minori spesso non imputabili perché infraquattordicenni, impiegati dalle storiche organizzazioni criminali del territorio come pusher o vedette nelle piazze di spaccio. Gli altissimi tassi di devianza minorile del distretto devono leggersi anche in correlazione agli allarmanti dati dell’abbandono scolastico".  COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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