GIUSTIZIA
Ufficio del processo di Catania, 300 avvocati in aiuto di giudici e cancellieri
L’obiettivo di velocizzare una macchina giudiziaria ultima in Europa per la lunghezza eccessiva dei dibattimenti
Nuova mission per trecento avvocati del distretto della Corte di appello di Catania che dalla scorsa settimana entrano in tribunale non per assistere i loro clienti, ma per prendere posto in cancellerie e scranni e aiutare giudici e cancellieri, con l’obiettivo di velocizzare una macchina giudiziaria ultima in Europa per la lunghezza eccessiva dei processi. I trecento che formano questo piccolo esercito sono i nuovi impiegati dell’Ufficio del Processo, istituito utilizzando i fondi del Pnrr. Il loro incarico è temporaneo e durerà tre anni. Ma – e qui sta la novità – al termine tutti saranno stabilizzati, come dichiarato dalla ministra della Giustizia Cartabia per placare le polemiche circa l’incompatibilità con la professione forense, introdotta con una norma poco dopo l’espletamento del concorso e qualche giorno prima dell’immissione in servizio.
L’istituzione dell’Ufficio del Processo, scorciatoia per affiancare forze fresche a cancellieri e giudici, prevede un compenso di circa 1.700 euro mensili per un periodo massimo di tre anni e, per entrare, un esamino con quiz a risposta multipla che di fatto ha consentito di avere subito personale disponibile, superando le lungaggini e i tempi dei concorsi pubblici per cancellieri e giudici.
Molti avvocati vedevano così la possibilità di arrotondare e godere di un’entrata certa, pur continuando a svolgere la professione. Nessuna incompatibilità era prevista al momento della pubblicazione del bando e neppure dopo la proclamazione delle graduatorie. Ma una norma serotina inserita beffardamente nel decreto “salva-bollette” ha decretato l’incompatibilità assoluta di tale impiego con la professione forense, incompatibilità territoriale completa e non parziale, come succede per i giudici onorari che possono lavorare fuori distretto. E così molti si sono dovuti arrendere per non chiudere i propri studi legali e hanno rinunciato all’impiego, di fatto rideterminando un momento di caos non previsto. Per questo la ministra Cartabia è corsa ai ripari e ha assicurato che la chiusura delle porte all’attività professionale sarà ricompensata con la stabilizzazione di chi decide di restare, ovviamente non con la qualifica di magistrato ma come funzionario di cancelleria o altre funzioni analoghe.
Altro aspetto riguarda l’impiego dei neoassunti, che collaborano con i magistrati nel settore civile e in quello del lavoro, mentre nel settore penale una buona parte è stata impiegata come ausilio alle cancellerie quasi al collasso per lo smaltimento di lavoro che poco ha a che vedere con la titolazione del bando.
Ma quanti rinunceranno davvero all’attività professionale almeno sino al momento della stabilizzazione? Qualcuno afferma che molti continueranno a lavorare come avvocati sotto mentite spoglie, usando la firma di qualche collega compiacente. E questo potrebbe creare problemi di incompatibilità, potendosi un avvocato trovare a coadiuvare un giudice nella decisione di una causa dove lui stesso ha un interesse diretto. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA