Notizie Locali


SEZIONI
Catania 9°

GIUSTIZIA

Ufficio del processo di Catania, 300 avvocati in aiuto di giudici e cancellieri

L’obiettivo di velocizzare una macchina giudiziaria ultima in Europa per la lunghezza eccessiva dei dibattimenti

Di Vittorio Romano |

Nuova mission per trecento avvocati del distretto della Corte di appello di Catania che dalla scorsa settimana entrano in tribunale non per assistere i loro clienti, ma per prendere posto in cancellerie e scranni e aiutare giudici e cancellieri, con l’obiettivo di velocizzare una macchina giudiziaria ultima in Europa per la lunghezza eccessiva dei processi.  I trecento che formano questo piccolo esercito sono i nuovi impiegati dell’Ufficio del Processo, istituito utilizzando i fondi del Pnrr. Il loro incarico è temporaneo e durerà tre anni. Ma – e qui sta la novità – al termine tutti saranno stabilizzati, come dichiarato dalla ministra della Giustizia Cartabia per placare le polemiche circa l’incompatibilità con la professione forense, introdotta con una norma poco dopo l’espletamento del concorso e qualche giorno prima dell’immissione in servizio. 

L’istituzione dell’Ufficio del Processo, scorciatoia per affiancare forze fresche a cancellieri e giudici, prevede un compenso di circa 1.700 euro mensili per un periodo massimo di tre anni e, per entrare, un esamino con quiz a risposta multipla che di fatto ha consentito di avere subito personale disponibile, superando le lungaggini e i tempi dei concorsi pubblici per cancellieri e giudici. 

Molti avvocati vedevano così la possibilità di arrotondare e godere di un’entrata certa, pur continuando a svolgere la professione. Nessuna incompatibilità era prevista al momento della pubblicazione del bando e neppure dopo la proclamazione delle graduatorie. Ma una norma serotina inserita beffardamente nel decreto “salva-bollette” ha decretato l’incompatibilità assoluta di tale impiego con la professione forense, incompatibilità territoriale completa e non parziale, come succede per i giudici onorari che possono lavorare fuori distretto. E così molti si sono dovuti arrendere per non chiudere i propri studi legali e hanno rinunciato all’impiego, di fatto rideterminando un momento di caos non previsto. Per questo la ministra Cartabia è corsa ai ripari e ha assicurato che la chiusura delle porte all’attività professionale sarà ricompensata con la stabilizzazione di chi decide di restare, ovviamente non con la qualifica di magistrato ma come funzionario di cancelleria o altre funzioni analoghe. 

Altro aspetto riguarda l’impiego dei neoassunti, che collaborano con i magistrati nel settore civile e in quello del lavoro, mentre nel settore penale una buona parte è stata impiegata come ausilio alle cancellerie quasi al collasso per lo smaltimento di lavoro che poco ha a che vedere con la titolazione del bando. 

Ma quanti rinunceranno davvero all’attività professionale almeno sino al momento della stabilizzazione? Qualcuno afferma che molti continueranno a lavorare come avvocati sotto mentite spoglie, usando la firma di qualche collega compiacente. E questo potrebbe creare problemi di incompatibilità, potendosi un avvocato trovare a coadiuvare un giudice nella decisione di una causa dove lui stesso ha un interesse diretto. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA