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Una preghiera per l’Afghanistan dalla Comunità di Sant’Egidio

La comunità presieduta da Emiliano Abramo si interroga sul futuro di quel Paese 

Di Redazione |

La Comunità di Sant'Egidio, presieduta da Emiliano Abramo, ha dedicato questa sera, nel corso di un incontro organizzato nella chiesa di Santa Chiara a Catania, una preghiera per l'l’Afghanistan.

«Care sorelle e cari fratelli, ci troviamo oggi a pregare per la pace, un appuntamento che la Comunità di Sant’Egidio ha voluto che scandisse la sua preghiera ogni mese. Un sostare dinanzi alle croci dei Paesi che soffrono la guerra nel mondo, invocando il Signore perché giunga la pace. Lo facciamo questa sera in un contesto che non può che preoccuparci e renderci ancora più pensosi. Scorrono davanti ai nostri occhi le immagini che stanno sconvolgendo l’Afghanistan, terra senza pace da più di 40 anni. Quale sarà il futuro di questo Paese? Vediamo anche, nei tristi sviluppi di questi ultimi giorni, i frutti amari di scelte sbagliate, le conseguenze di conflitti che hanno preteso di risolvere altri conflitti. Purtroppo nel mondo sono tante le guerre che non si riescono a chiudere, potremmo dire le ferite aperte. Pensiamo al Sud Sudan, al Centrafrica, al Nord del Mozambico. Ma oggi pensiamo anche con preoccupazione alla Nigeria, dove si vivono forti tensioni dopo l’ennesimo massacro di civili, nel Plateau State. In tanti si affannano a spiegare i conflitti come la logica conseguenza di interessi e lotte tra le nazioni. Si è tornati ad usare la guerra come strumento ordinario della politica e le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Il mondo ci appare oggi sempre più grande e terribile, scenario di lotte tra potenze con disegni oscuri e spesso cruenti. Tutto questo è forse la conferma che l’unico modo di scrivere le pagine della storia passi per la violenza? È forse la consapevolezza che non esiste alternativa all’uomo che diventa come un lupo per l’altro uomo? C’è nel Magnificat che abbiamo ascoltato, c’è nelle parole di Maria una risposta a questi interrogativi angoscianti. Maria viveva in un mondo duro, fatto di imperi, di dominazioni violente che coinvolgevano la stessa terra di Israele. Eppure nelle sue parole di giovane donna incinta, quindi di persona in una condizione di estrema debolezza, nella società del suo tempo, noi troviamo una grande autorità e anche una forza maestosa. Cantando le lodi di Dio, Maria ne proclama la grandiosità del disegno: “Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore, ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili, ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote”. Dove trova Maria la forza per proclamare con tanta fiducia la presenza di Dio nella storia, che innalza gli umili e rovescia i potenti? Come fa il suo sguardo ad essere così pieno di fede? Ci chiediamo noi che ci fermiamo sempre alla superficie degli avvenimenti e non ne vediamo lo scorrere profondo e soprattutto noi che non siamo capaci di cogliere in esso le tracce dell’azione di Dio. All'inizio del Magnificat Maria proclama: “L’anima mia magnifica il Signore ed il mio spirito esulta in Dio mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva”.

Maria, donna giovane, così simile alle tante giovani afghane che abbiamo visto in questi giorni, fa dell’umiltà della sua condizione, il cuore della sua scelta di affidamento a Dio con la fede semplice e forte di chi sa che non sarà delusa. Come ha detto Papa Francesco, è l’umiltà il segreto di Maria, è l’umiltà che ha attirato lo sguardo di Dio su di lei. Maria, umile, attira lo sguardo di Dio che la fa divenire la madre del suo figlio, il Salvatore del mondo, il Signore della storia. Non viviamo in un mondo in balia dei violenti e dei forti. Dio, il creatore del cielo e della terra, non premia quanti hanno fatto della spada la loro legge e della superbia la loro bandiera. Maria ci testimonia con forza come si possa cambiare la storia affidando la propria vita a Dio, confidando in lui, coscienti della propria debolezza, ma anche fiduciosi della misericordia del Signore. Per questo la preghiera di questa sera è uno strumento umile di chi non ha potere, di chi è inerme come i tanti che nel mondo sono senza difese nei confronti dei violenti, ma è strumento proprio per questo che attira lo sguardo di Dio. Oggi noi, seguendo l’esempio di Maria, ci affidiamo a colui che tutto può, all’onnipotente, coscienti della nostra piccolezza ma anche delle nostre responsabilità perché troppo siamo stati indifferenti difronte i piccoli e grandi conflitti del nostro tempo. La nostra invocazione riprende allora le parole di Maria e si unisce a quella degli umili, dei deboli, delle donne, dei bambini, degli anziani, dei disabili, le principali vittime delle guerre. Perché il Signore venga ad abitare nei nostri cuori e ci renda forti nell’amore, saldi nella fede, pieni di compassione verso le vittime di questa e di ogni guerra. Cari fratelli e sorelle, questo nostro mondo ha bisogno di discepoli del Signore che, con il suo aiuto, sappiano essere umili e forti, perché le ferite che la violenza lascia dietro di se possano essere guarite dalla misericordia e dalle tenerezza generate da Dio, il Signore del cielo e della terra".COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA