Pippo Fava 40 anni dopo, «Un messaggio ancora attuale per una città che non riesce a cambiare»
Ieri le iniziative per ricordare il giornalista ucciso dalla mafia: presenti il figlio Claudio e la nipote Francesca
Corteo a Catania per ricordare l'uccisione di Giuseppe Fava
Sono come «linee spezzate che si riallineano», anche se dopo 40 anni. Esatti. Un altro mondo, ma forse no. Perché il messaggio di Giuseppe “Pippo” Fava - e cioè la libertà e la ricerca di verità e giustizia, già allora dirompente - «è ancora oggi così attuale. È preoccupante, vuol dire che questa città è cambiata poco». Così Claudio Fava e Francesca Andreozzi, figlio e nipote di “Pippo”, queste tra le parole dette ieri sotto la lapide in quella che oggi è via Fava, nel punto esatto in cui il giornalista, scrittore, autore veniva ammazzato con cinque colpi di calibro 7,65.
Quel 5 gennaio 1984 Francesca aveva cinque anni, il nonno stava andando a prenderla al Teatro Stabile. «Io l'ho conosciuto - dice - prima attraverso i racconti di mia madre e della mia famiglia, poi crescendo anche attraverso i suoi articoli, i suoi romanzi, i suoi quadri». «Era un giornalista, un uomo libero, una persona curiosa che raccontava anche parti migliori di questa terra; anche quarant'anni dopo - ha aggiunto Claudio - più che chiedersi se sia cambiata la città bisogna capire quanto siamo cambiati noi, quanto ci sentiamo colpevoli o innocenti delle cose che accadono. E accadono non nella distrazione, ma nel silenzio di tanti».
È stato un pomeriggio intenso ieri, dal corteo organizzato dai Siciliani giovani che da piazza Roma è arrivato in via Fava, lì ecco gli studenti musicisti della scuola Battisti. «A loro - ha spiegato Francesca - abbiamo donato degli strumenti, mentre il Comune ha donato un violino alla scuola Petrarca di Trappeto nord».
Presenti al corteo e all'omaggio floreale il vicesindaco Paolo La Greca e l'assessore Viviana Lombardo. Subito dopo si è tenuto il confronto pubblico alle Ciminiere che ha visto insieme Claudio Fava, il magistrato Sebastiano Ardita, Pietrangelo Buttafuoco e Michele Gambino, che con Claudio ha fondato una scuola di giornalismo. «Sono preoccupato - ha rilevato Ardita nel corso dell'incontro - rischiamo di essere depotenziati su sistema penitenziario, processuale: scompaiono le notizie dai giornali in merito alle fasi processuali, sono scomparsi i magistrati con capacità di incidere». Preoccupazione condivisa da Assostampa Catania: «L'anniversario di Fava - sottolinea in una nota il segretario provinciale Filippo Romeo - coincide quest'anno con il tentativo di affossare l'informazione giudiziaria con l'approvazione della “legge bavaglio. Si mortificano così i princìpi del fondatore de “I Siciliani” e tutti coloro che hanno dato la vita per garantire un'informazione libera».
Tanti i messaggi di autorità e istituzioni, su tutti dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella. «Sono grato e commosso, si tratta di parole che arrivano per la prima volta dopo 40 anni - ha commentato Claudio Fava - da parte di un presidente della Repubblica la cui famiglia è un pezzo della storia della Sicilia e dell'Italia. E che ricorda in modo non rituale Giuseppe Fava, il suo modo di fare il giornalista. Sono linee spezzate che si riallineano e ricongiungono». «Fava ha segnato il ripudio della violenza mafiosa - si legge nella nota del sindaco Enrico Trantino - che non può che restare prerequisito essenziale per la crescita delle comunità cittadine».
A conclusione dell’incontro è stato consegnato il premio della Fondazione Fava a un giornalista impegnato nel contrasto del malaffare: quest’anno è andato a Francesco La Licata, febbricitante, che ha chiesto che il riconoscimento venisse ritirato da un rappresentante del sindacato dei giornalisti, nell’occasione il collega Daniele Lo Porto.