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Sull’ Etna si torna ai “Fantastici 4”: il Sud-Est si “mangia” il suo gemello

Di Francesco Vasta |

Si ritorna ai «Fantastici quattro». Ci scherzano su, gli appassionati di cose etnee, sulle poche righe che contengono il verdetto della Scienza: addio al Nuovo cratere di sud-est dell’Etna. Da oggi chi vuole riferirsi al più giovane e più esuberante fra i quattro (o cinque?) crateri sommitali del Mongibello deve limitarsi a parlare del Cratere di sud-est (abbreviato in Sec). A sancirlo l’ultimo bollettino settimanale dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia sull’attività del vulcano attivo più alto d’Europa, archiviando circa nove anni di eruzioni a fasi alterne da parte del cratere, il Ncse, il quale oggi, anche sul piano della denominazione, si fonde con il suo fratello gemello più anziano cratere di sud-est. «Era nelle cose – commenta Stefano Branca, direttore dell’Ingv-Osservatorio etneo di Catania – adottare questo nome ci consente di evitare confusione e semplificare un quadro che, dal punto di vista morfologico, è già totalmente unitario».

Riavvolgendo il nastro, per meglio comprendere la vicenda servono due premesse. La prima: la mutevolezza dell’Etna, vulcano mai domo che giorno dopo giorno innalza e abbatte coni, apre e chiude crateri e misteriose bocche specie nell’area dai tremila metri in su. Fino a circa cento anni fa, sulla cima del vulcano c’era solo un maxi cratere, il Centrale dove secondo Diogene Laerzio si gettò il filosofo Empedocle. Dal 1911 inizia la differenziazione: prima si forma la bocca di Nord-est, poi la Voragine e nel 1968 la Bocca Nuova – oggi anche loro praticamente indistinguibili – e infine, nel 1971 si apre la bocca di Sud-est. Si assesta dunque un affascinante e singolare panorama di quattro apparati eruttivi che, solo a partire dal 2007, conoscerà sostanziali e graduali mutamenti. E qui siamo alla seconda premessa. Il «centro eruttivo» del Sud-est, da allora, «migra» sempre più verso sud-est, fino a quando dal 2011, con una serie di decine di frequenti parossismi fatti di fontane di lava e potenti esplosioni, inizia a prendere forma un cono eruttivo via via sempre più possente, appunto il Nuovo cratere di Sud-est, accanto a quello del ’71.

Oggi però l’Ingv prende atto della conclusione di un ciclo: «Nel corso degli ultimi anni, la graduale crescita del cono di scorie del Nsec – si legge nel bollettino – ha generato una progressiva coalescenza (saldatura) con il cono del Sec che, di fatto, ha portato alla scomparsa della netta differenza morfologica tra i due coni, delineando morfologicamente un unico apparato, da ora definito come Cratere di Sud-Est». Coalescenza etnea, come l’olio nell’acqua: le goccioline del liquido più pesante tendono ad aggregarsi per formare gocce più grandi, così le bocche del Mongibello. E tanti saluti alla dicotomia fra vecchio e nuovo, da cinque si torna a quattro crateri sommitali dell’Etna.

Quello che non muta, al momento, sembra essere il polso vulcanologico dell’Etna: si susseguono mini-attività stromboliane intracrateriche fra Sud-est, Nord-est e Bocca nuova, alternate a emissioni di cenere e degassamenti. La lava non sembra avere caratteristiche diverse da quella eruttata negli ultimi due anni, segno che il vulcano non ha ancora ricaricato i suoi serbatoi con nuovo magma. Il 2018 è stato l’anno dell’eruzione accompagnata dal terremoto di Fleri. Ma al momento nessuno dei segnali monitorati dall’Ingv lascia presagire imminenti cambi di marcia negli equilibri eruttivi dell’Etna o virate verso eruzioni più potenti. COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA