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“Fragilis Mirabilia Urbis”: il viaggio artistico di Sandro Bracchitta nei palazzi Unesco di Ibla

Di Press Service |

RAGUSA – C’è un silenzio vibrante, a Ragusa Ibla, che si fa materia. Vibra nei muri secolari, nelle pietre barocche, nelle ombre che accarezzano le mensole scolpite. Ed è dentro questo silenzio che Sandro Bracchitta ha posato la sua voce. Una voce fatta di luce, rami, coperte d’emergenza e case ossidate: una preghiera laica, una meditazione visiva, una mostra che è soprattutto attraversamento interiore. Si intitola “Fragilis Mirabilia Urbis” il compendio di tre installazioni che l’artista siciliano ha allestito in questi giorni in due scrigni d’arte patrimonio dell’umanità: Palazzo Cosentini e Palazzo della Cancelleria, nel cuore antico di Ragusa Ibla. Due luoghi, tre installazioni, un’unica visione. Quella di un’umanità in viaggio – reale, spirituale, metafisico – attraverso le meraviglie e le fragilità del mondo. In mostra fino al 29 giugno, le tre installazioni offrono interrogativi e riflessioni ai visitatori, ma anche risposte. Il progetto artistico, inserito nel programma di “Barocco e Neobarocco”, si ispira alla letteratura periegetica e in particolare alla tradizione medievale del mirabilia urbis, ovvero i taccuini illustrati con cui i pellegrini raccontavano le meraviglie delle città visitate. Ma Bracchitta ne rovescia il senso: non un viaggio per raccontare la città, ma un attraversamento interiore che esplora la condizione umana. “Il tema del viaggio, della meraviglia, della preghiera e della fragilità – intesa come impermanenza delle cose del mondo – è ciò che ha ispirato le tre opere”, spiega Bracchitta. “Non mi interessa mappare un luogo, ma portare lo sguardo verso ciò che muta, che si consuma e che resiste”. Appena si varca la soglia del restaurato Palazzo della Cancelleria, si viene avvolti da “Unda Mater”, prima delle due installazioni ospitate al suo interno. Una barca-guscio, poggiata su rami bianchi che evocano ossa intrecciate o nidi primordiali. Dal suo interno brillano le coperte isotermiche dorate, quelle che avvolgono i corpi dei migranti tratti in salvo. È luce che ferisce, ma è anche speranza. È viaggio attraverso il buio, è passaggio tra ciò che appare e ciò che resta. “È l’immagine del superamento di un limite – racconta l’artista – un attraversamento tra buio e luce, tra vita e morte. All’esterno, la barca è scheletrica e corrosa. Ma dentro, risplende. Come nelle icone medievali, l’oro richiama la dimensione spirituale, la possibilità di salvezza”. Nel cuore del piano terra dello stesso palazzo, l’installazione “Proteggimi” si fa invocazione. Sette casette in ferro ossidato, una diversa dall’altra, disposte in semicerchio a custodire un nido di rami secchi intrecciati, da cui scaturisce una spirale di luce blu. Una composizione che parla di natura, di trasformazione, di rinnovamento. “L’ossidazione delle casette è segno del tempo che trasforma, ma anche della bellezza che resta”, aggiunge Bracchitta. “La spirale luminosa è simbolo di rinascita, di legame con il divino. È fragile, ma ancora capace di meravigliare”. Al primo piano di Palazzo Cosentini, “Splendida Preghiera” sventola silenziosamente, come una supplica al vento. Leggeri fogli dorati di emergency blanket sono appesi alle pareti come bandiere tibetane, capaci di ondeggiare al più debole soffio d’aria. Su di essi, stampati con tecnica UV, appaiono disegni che Bracchitta realizzò da ventenne, durante gli studi all’Accademia di Belle Arti, ispirati alle mensole scolpite dei balconi barocchi iblei. Nel cuore della stanza c’è una casa, simbolo di accoglienza, protezione. “Quelle figure in pietra che caratterizzano i balconi barocchi, che il tempo stava consumando, mi avevano molto colpito. In questa installazione quei disegni tornano in vita, come fragili sudari contemporanei. Sono preghiere che si muovono nel vento, un invito al salvataggio: dell’uomo, dell’anima, della bellezza”. Un percorso tra pietra e spirito, tra sacro e quotidiano, tra perdita e desiderio quello di “Fragilis Mirabilia Urbis” dove le opere di Bracchitta non illustrano, ma custodiscono. Non spiegano, ma accolgono. Sono soglie, barche, culle, case. Architetture effimere ma potenti, capaci di tenere insieme la materia e la luce. E di lanciare messaggi ad un mondo che sembra sempre di più voltarsi dall’altra parte.

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