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Covid, in Sicilia 11.400 vaccini in meno: si sondano «altre strade», ecco il piano

Di Mario Barresi |

Catania. La Sicilia ha pensato pure di fare da sé. Il timore che la campagna di vaccinazioni, fra ritardi di Pfizer e caos nazionale, diventi un flop è fondato. A tal punto che la Regione non fa più mistero di guardare oltre. «Stiamo seguendo anche altre strade sulle quali in questo momento mi riservo di mantenere un minimo di riservatezza», ammette Nello Musumeci.

Di cosa parla il governatore? Il riferimento, secondo quanto trapela da Palazzo d’Orléans, è alla pressione su Roma, affinché il governo e Domenico Arcuri «aprano alla possibilità di cercare subito percorsi alternativi». Negli scorsi giorni una lunga telefonata fra Ruggero Razza e il commissario nazionale è servita a chiarire alcuni punti. Il governo regionale ha confessato ad Arcuri di aver ipotizzato, in prospettiva, un canale di approvvigionamento in proprio. Anche rivolgendosi a mercati lontani, senza tralasciare quelli di Russia e Cina. Un percorso non praticabile, perché per entrare in Europa e in Italia i prodotti devono essere autorizzati da Ema e Aifa, al netto della pianificazione nazionale. Eppure, visto che la Sicilia non è la sola regione a pensarla così, Musumeci e Razza hanno fatto blocco con altri governatori e assessori per aumentare l’intensità della spinta sul governo. «Visto che al momento è impensabile che ci sia consentito di battere delle strade alternative per l’approvvigionamento – è il ragionamento che emerge dal governo regionale – devono garantirci che si velocizzi l’iter per il via libera a nuovi sieri».

Anche perché – e qui passiamo dagli scenari futuribili ai dati concreti – l’Isola è costretta ad arrancare sul ritmo delle vaccinazioni per fattori non dipendenti dalla propria volontà. La Sicilia con 94.716 dosi somministrate è al 71,7% su 132.035 consegnate. Una percentuale assimilabile alla Lombardia, mentre il record nazionale è della Provincia autonoma di Bolzano (90,2%).

Gli altri dati pesanti riguardano la modifica del piano, comunicata da Arcuri. Dalla prossima settimana, a fronte delle 562.770 dosi previste, ne verranno consegnate 397.800 (-29%). Abruzzo, Basilicata, Marche, Molise, Umbria e Valle d’Aosta sono le uniche regioni che non avranno tagli nella distribuzione dei vaccini Pfizer, mentre Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto con circa 25mila dosi sono le regioni più penalizzate, poi il Lazio con 12 mila e la Sicilia, assieme alla Puglia, con 11.700, ovvero -23,8% rispetto alle 37.440 previste per la prossima settimana.

A questo punto la certezza espressa da Musumeci, e cioè che «saremmo stati i primi in Italia se l’approvvigionamento non avesse cominciato a registrare degli evidenti rallentamenti», s’incrocia – o meglio: si scontra – con un errore di prospettiva del governo nazionale. Perché il «meccanismo di solidarietà fra Regioni» invocato da Arcuri, tradotto in termini pratici, significa che «chi, come noi, ha rispettato le regole, conservando una quota per i richiami – sbotta Razza – viene chiamato cedere la propria riserva a chi invece ha voluto fare il fenomeno, o peggio ancora il furbo, proseguendo imperterrito con le prime dosi fino a sfiorare il 100 per cento». L’assessore alla Salute, nel confronto di ieri sera fra Arcuri e le Regioni, s’è opposto con forza all’ipotesi di cedere dosi agli altri. Proponendo ad Arcuri «l’individuazione obbligatoria del “magazzino”», poiché «ognuno deve avere obblighi e non fare la corsa». Convergenza, anche da parte del ministro Roberto Speranza, sulla proposta di un «immediato tavolo per verificare subito l’efficacia del vaccino AstraZeneca sugli over 80» e sull’ipotesi di «accelerare, pressando l’Ue» anche sui sieri prodotti in Cina e Russia. Razza ha raccontato di aver «attivato rigorosi controlli sui furbetti perché a dotazioni ridotte è ancora più indispensabile che nessuno sia vaccinato se non in fase uno».

Per i resto parlano i numeri. In Sicilia l’assessorato ha dato disposizione ai manager sanitari di riservare il 40% di fiale delle ultime consegne per garantire i richiami. Rallentando, volutamente, il ritmo delle prime inoculazioni: dal picco di oltre 8mila al giorno fino a circa mille. E così, con le dosi arrivate ieri (37mila) e con la riserva accumulata negli ultimi giorni, la proiezione è di proseguire senza problemi la copertura di chi aspetta la seconda somministrazione. In attesa della successiva consegna prevista a fine settimana o al massimo lunedì prossimo. «La prima fase è in corso e durerà fino al mese di febbraio», conferma Letizia Di Liberti, dirigente del Dasoe.

A proposito dei ritardi di Pfizer, l’assessore Razza ha avviato un’interlocuzione con la multinazionale per «capire perché lo stabilimento di Catania non sia stato coinvolto in una linea produttiva», cominciando a sondare l’ipotesi di «un’opportuna riflessione». Su preciso mandato di Musumeci, l’assessore intensifica anche i contatti con AstraZeneca; una strategia corroborata dall’ipotesi, sussurrata nell’incontro Arcuri-Regioni di ieri, che il vaccino dell’azienda britannica (già autorizzato «in emergenza» dal Brasile) possa essere autorizzato dall’Ue il prossimo 29 gennaio.

Si torna alla casella di partenza. Ovvero all’ipotesi, per ora poco più di una suggestione, che l’allargamento dell’offerta di prodotti possa facilitare una maggiore flessibilità, se non addirittura un’autonomia, nell’approvvigionamento delle Regioni. E sarebbe a questo punto che le «altre strade» a cui si riferisce Musumeci, battute a fari spenti già da settimane, potrebbero rivelarsi davvero utili.

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