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In spiaggia il sole uccide il virus in pochi secondi: ma da solo non basta

Di Redazione |

Con l’arrivo dell’estate i raggi Uv che arrivano dalla luce solare possono essere degli “alleati” contro il virus Sars-Cov-2, anche se il loro effetto non è paragonabile a quello di mascherine e distanziamento nel frenare l’epidemia. L’ultimo di una serie di studi che confermano il ruolo dei raggi è appena stato pubblicato in preprint dai ricercatori dell’università statale di Milano e dell’Inaf, e conferma che è anche il Sole a determinare la stagionalità del virus.

I ricercatori, si legge nell’articolo sul sito MedArxiv, hanno esposto delle cellule umane infettate con quantità di virus paragonabili a quelle che si troverebbero nella saliva a diverse concentrazioni dei diversi tipi di raggi Uv e alla luce violetta, verificando poi la capacità del virus di replicarsi. I più efficaci, affermano gli autori, si sono rivelati i raggi Uv C, che però non raggiungono la Terra, ma anche le altre tipologie riescono comunque a inibire il virus.

«Abbiamo dimostrato che raggi Uva e Uvb del sole nel giro di poche decine di secondi uccidono completamente il Sars-Cov-2», ha spiegato Mario Clerici, docente di Patologia generale all’Università Statale di Milano e direttore scientifico dell’Irccs di Milano Fondazione Don Gnocchi, autore dello studio insieme al gruppo di ricerca dell’Istituto nazionale di astrofisica.  «i vede proprio in una visualizzazione – dice l’immunologo – l’effetto dei raggi solari sul virus: se non lo esponi ai raggi solari il virus infetta le cellule, se lo esponi ai raggi solari lo uccidi»

«In particolare i nostri dati – si legge invece nelle conclusioni della ricerca – indicano che l’irradiazione solare che raggiunge la superficie della Terra potrebbe disattivare completamente il Sars-Cov-2 in concentrazioni simili a quelle che si troverebbero nella saliva in pochi minuti. In conclusione, per la prima volta, abbiamo dimostrato che l’irraggiamento Uv è efficace nell’inibire il Sars-Cov-2 a diverse lunghezze d’onda. Questo conferma un ruolo per la luce solare nella disinfezione delle superfici esterne, e potrebbe contribuire a spiegare la stagionalità di questo virus».

La stagionalità

La cosiddetta stagionalità del virus è stata analizzata da diversi studi. Uno dei principali, ad opera dell’università di Harvard e pubblicato da Pnas, ha dimostrato sulla base dei dati reali dell’epidemia che la differenza tra i raggi Uv che arrivano sulla Terra tra inverno ed estate porta a una riduzione del 7% nel tasso di crescita dell’epidemia nell’emisfero nord. «L’effetto dei raggi Uv è solo un pezzo del quadro della stagionalità – avevano concluso gli esperti -. Inoltre l’effetto stimato è una frazione di quello che si ottiene con politiche anti contagio come la quarantena o le restrizioni sugli spostamenti».

«La nostra idea – spiega il ricercatore – è che questo, insieme alla percentuale sempre più alta di vaccinati, spieghi perché con la bella stagione stiamo superando la problematica».

Ma allora perché in Brasile durante l’estate, così come in India si sono verificati una valanga di contagi?

«Innanzi tutto c’è da dire che il sole – sottolinea Clerici – non è il solo elemento che giustifichi tutto quello che osserviamo. In India hanno contribuito le feste religiose con i bagni nel Gange e poi c’erano i monsoni, quindi c’era tutta la velatura dei raggi solari dovuta alle nuvole. In Brasile sappiamo tutti quello che è successo – aggiunge l’immunologo – purtroppo hanno pagato la gestione Bolsonaro, perché è vero che servono i raggi solari però servono anche le mascherine, i vaccini e tutto il resto».

Ad ogni modo gli esperimenti hanno confermato l’efficacia del sole contro il Covid-19.  Una scoperta che potrebbe avere eccellenti applicazioni nella vita di tutti i giorni per sterilizzare oggetti e ambienti dal virus.

«I dati dell’anno scorso erano importanti perché hanno portato allo sviluppo di dispositivi che svolgevano proprio questa funzione ma i raggi Uvc – ricorda lo scienziato – sono pericolosi per la cute umana, quindi non si poteva stare nella stessa stanza dove venivano applicati. I raggi Uvb invece no, sono i raggi che ci toccano normalmente quando usciamo al sole, per cui questa scoperta ha un’importanza molto più alta».

Insomma se mettessimo delle normali lampade solari negli autobus potremmo risolvere un problema?

«Sì. A parte il fatto che ne usciremo tutti più abbronzati e più belli, quello che suggeriscono questi dati è proprio questo».

Ma vediamo come si è arrivati alla dimostrazione sperimentale di questa scoperta. “Gli astrofisici hanno collegato una macchinetta che produce i diversi raggi solari in maniera distinta, quindi solo gli Uva o gli Uvb o gli Uvc piuttosto che gli ultravioletti – spiega Clerici – poi abbiamo messo la macchinetta sotto una cappa, abbiamo preso le cellule polmonari e abbiamo buttato sopra il virus. E il virus che è stato esposto oppure no alle diverse componenti dei raggi solari. Dapprima – chiarisce l’immunologo – abbiamo usato una dose massimale di virus, quindi molto molto più alta di quella che si ha in un soggetto con Covid. E poi abbiamo usato la dose presente in un paziente con Covid severo, per vedere se poteva avere anche una potenziale importanza clinica. Ed effettivamente è così: si inattiva nel giro di pochi secondi la quantità di virus che è quella che nei pazienti provoca il Covid severo».

«Questo studio – spiega Clerici – è essenzialmente il seguito di un precedente lavoro che avevamo fatto l’anno scorso quando avevamo visto che i raggi Uvc che sono una componente dei raggi solari che però non arriva sulla terra, uccidevano il Sars-Cov-2 dopo un’esposizione di pochi secondi. Però gli Uvc – ribadisce Clerici – non arrivano sulla terra, quindi quei dati erano importanti solo da un certo punto di vista. Adesso, abbiamo visto che anche gli Uva e Uvb che sono i raggi che arrivano sulla terra, ci abbronzano e ci riscaldano, nel giro di poche decine di secondi uccidono completamente il Sars-Cov-2. Dunque – sottolinea – abbiamo esattamente replicato i dati sugli Uvc però dimostrando questa volta che tutti i raggi solari distruggono il virus. E fra l’altro – aggiunge l’immunologo – il tempo necessario, quando per esempio si è in spiaggia con il sole che viene amplificato dal riverbero sulla sabbia o sull’acqua, è ancora più breve. Quindi in spiaggia – afferma Clerici – bastano veramente 10-20 secondi di Uva e Uvb per uccidere completamente il virus».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA