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Draghi su nuove misure anti-Covid in arrivo: «Nulla è ancora deciso»

Dalla riduzione dei tempi del Green passi ai tamponi da far fare ai vaccinati per entrare in stadi, teatri e discoteche, per la nuova "stretta" il premier attende di valutare alcuni dati

Di Redazione |

«C'è ancora da lavorare ed essere attenti» e per questo «passeremo in rassegna eventuali provvedimenti». Il presidente del Consiglio Mario Draghi conferma che il governo varerà un nuovo pacchetto di misure all’antivigilia di Natale per frenare l’avanzata della variante Omicron. «Nulla è ancora deciso» ribadisce il premier, anche se le ipotesi sul tavolo sono diverse: dall’ulteriore riduzione della durata del green pass da 9 a sei mesi al tampone anche per i vaccinati che vogliono andare in stadi, concerti o discoteche, fino all’obbligo di mascherina all’aperto. Fonti di governo escludono invece sia l’estensione dell’obbligo di vaccino per tutti sia l’utilizzo del super green pass su bus e metro. «Non prevediamo di cambiare, il green pass è già una misura robusta» afferma il ministro Enrico Giovannini. 

I numeri della quarta ondata, d’altronde, non accennano a rallentare, con il tasso di positività che è salito al 4,8%, e in un solo mese sono più che raddoppiati: i 16.213 casi individuati nelle ultime 24 ore erano 6.404 il 22 novembre e le 137 vittime erano 70. Si interverrà, dunque. L’unica certezza, sottolinea però Draghi anche per mettere un freno ai desiderata e ai niet di ministri, partiti, regioni e sindaci, è che il governo attenderà l’esito della flash survey avviata dall’Istituto superiore di sanità per capire la reale diffusione della nuova variante e l’impatto sui casi giornalieri. I primi risultati saranno sul tavolo di palazzo Chigi tra mercoledì e giovedì e solo allora e sulla base di quei numeri si tireranno le somme. Qualche indicazione, però, Draghi l’ha già avuta: i casi di Omicron sono sottostimati causa un tracciamento e sequenziamento che da tempo è uno dei talloni d’Achille della lotta al Covid; il picco dei casi non sarà a Natale, come era stato previsto dagli esperti, ma potrebbe arrivare a gennaio inoltrato. Ci sono poi un paio di punti sui quali palazzo Chigi ha fatto capire che non tornerà indietro: al rientro a gennaio va garantita la scuola in presenza e non ci saranno lockdown né chiusure generalizzate, salvo dovessero esplodere le ospedalizzazioni, cosa al momento non prevista. Sul primo punto, Draghi è stato categorico fin dall’estate scorsa e ha continuato a ribadirlo in ogni occasione, anche alla luce di alcuni segnali che arrivano dal territorio: il Comune di Anzio che ha mandato gli alunni in dad 4 giorni prima delle vacanze di Natale, i sindaci di Sanremo e Imperia che hanno anticipato la chiusura delle scuole. Per quanto riguarda il secondo punto, invece, è impensabile che nel pieno delle vacanze e con il turismo in difficoltà a causa della decisione di imporre il tampone per gli arrivi dall’estero, il governo torni sui suoi passi senza spaccarsi. «Non se ne parla proprio» dice non a caso il ministro del turismo Massimo Garavaglia. 

Con un quadro di questo tipo, gli interventi su cui si sta ragionando sono sostanzialmente tre: la riduzione del green pass a 6/7 mesi, sulla quale gli esperti concordano e sulla quale non sembrano esserci frizioni politiche nonostante la durata sia stata già ridotta meno di un mese fa; l’obbligo di mascherina all’aperto, una misura simbolica visto che molte Regioni e Comuni l’hanno già applicata con proprie ordinanze e visto che è già previsto in caso di assembramenti; il tampone obbligatorio per accedere a stadi, concerti e discoteche anche per i vaccinati, misura ritenuta fondamentale dagli esperti in vista delle feste di Capodanno. Sulla misura l’accordo ancora non c'è e anche Regioni e Comuni sono sostanzialmente contrarie, con il presidente della Liguria Giovanni Toti che parla di sforzo inutile» e il sindaco di Milano Giuseppe Sala che confessa di "far fatica" a capire una misura simile «visto che si sta spingendo su vaccini e green pass». «Fino ad una settimana fa il tampone non serviva, adesso qualcuno chiede il tampone per i vaccinati. La comunità scientifica dovrebbe mettersi d’accorso se il tampone serve o non serve» aggiunge il l leader della Lega Matteo Salvini per una volta d’accordo con il suo ex alleato ed ex premier Giuseppe Conte: «la strada non è costringere a fare il tampone per i luoghi pubblici ma la terza vaccinazione». Anche il Pd, con l’ex ministro Francesco Boccia, sottolinea che piuttosto che fare il tampone per andare al cinema o al teatro allora è meglio mettere l’obbligo di vaccinazione per tutti, come chiesto anche dall’assessore della Sanità del Lazio Alessio D’Amato. Fonti di governo dicono però che l’ipotesi non sarà sul tavolo mentre non è escluso che si possa ragionare invece di obbligo per altre categorie, soprattutto quelle a contatto con il pubblico, come ha più volte detto il ministro Renato Brunetta.   COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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