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Omicron incombe sul rientro a scuola: i presidi temono il caos

In tanti stanno lanciando un appello al premier Draghi, al ministro dell'Istruzione e ai governatori per «una programmata e provvisoria sospensione delle lezioni in presenza - con l’attivazione di lezioni a distanza - per due settimane»

Di Lorenzo Attianese |

Oltre 700mila studenti delle superiori e delle medie, non vaccinati, rischiano di restare a casa se nella propria classe si superano i due casi di positività. E alle elementari, dove si va tutti in Dad per 10 giorni con soli due compagni di classe contagiati, ci sono ancora oltre 3 milioni di bambini ancora senza alcuna dose. Anche negli atenei – alla luce di una nota inviata dal ministero dell’Università – migliaia di studenti potrebbero svolgere a distanza e online le prossime prove, sedute di laurea ed esami in via del tutto eccezionale e laddove non sia possibile garantire la presenza per la sessione di gennaio e di febbraio. Il ritorno a scuola e all’università in questo nuovo anno si annuncia complicato, tra vecchi timori e il possibile ritorno della didattica a distanza se Omicron non dovesse arrestare la sua ondata. 

A preoccupare è soprattutto ciò che potrebbe accadere a breve tra i banchi nelle scuole primarie e secondarie. Su questo fronte, un allarme contro una «situazione ingestibile» è stato lanciato da 1.500 presidi d’Italia, che chiedono al premier, Mario Draghi, al ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, ed ai governatori «una programmata e provvisoria sospensione delle lezioni in presenza – con l’attivazione di lezioni a distanza – per due settimane». L’appello, promosso da una ventina dirigenti scolastici e che ha già raggiunto oltre 1.500 adesioni dei vari colleghi, arriva poche ore dopo l’accordo del Cdm sul nuovo decreto che stabilirà le nuove regole sulle quarantene in vista del ritorno a scuola in queste ore: «ci sarà frammentazione, interruzione delle lezioni e scarsa efficacia formativa», avvertono. 

E lo stesso presidente dell’Associazione Nazionale Presidi, Antonello Giannelli, rilancia le sue tre proposte. «Bisogna dare la possibilità alle famiglie di mettersi in paro con le vaccinazioni ai ragazzi, con 2-3 settimane di Dad, per questo la distinzione sui non vaccinati andava introdotta, ma con gradualità – sottolinea -. Inoltre andrebbero garantite le mascherine Ffp2 a tutti e, fino al primo febbraio, servirebbe una massiccia campagna di testing per verificare se il sistema riesce a praticare i tamponi: ho il sospetto che la tempistica dei test e del tracciamento non sia migliorata rispetto al passato e c'è il rischio che la scuola abbia notizia dei risultati dei tamponi effettuati solo diversi giorni dopo». In effetti altre misure, anche se solo in parte, sono state previste. Nella scuola dell’infanzia (dove si va tutti in quarantena con un solo contagio) i prof dovranno indossare le mascherine Ffp2, così come nelle classi delle primarie e secondarie dove ci sono alunni che non hanno la mascherina perché esentati per specifici motivi. Fino alla fine di febbraio nelle scuole medie e superiori, gli studenti che dovranno fare autosorveglianza potranno essere sottoposti a test gratuitamente e il Commissario per l’Emergenza, Francesco Figliuolo, ha annuciato un’ampia campagna di screening. Anche i governatori, subito dopo la cabina di regia dell’Esecutivo, avevano ancora una volta invocato lo slittamento dell’inizio della didattica in presenza, invocando e rimettendosi ad un’eventuale parere del Comitato Tecnico Scientifico. 

Niente da fare, dalle prossime ore si ricomincia tra i banchi. Il decreto, che ha incassato l’unanimità del Consiglio dei ministri, è pronto ad essere pubblicato in Gazzetta e il Governo è quindi deciso a far valere la sua linea: l’obiettivo delle misure adottate «è tornare nelle aule in presenza e sicurezza», ribadisce il ministro dell’Istruzione. Per i bambini, in gran parte non ancora immunizzati, Bianchi spiega che è stata per questo «necessaria» la misura di far scattare immediatamente la didattica a distanza con due soli contagi in una classe. «Diversa è la situazione dei ragazzi più grandi, dove bisogna soltanto completare l’opera di vaccinazione», aggiunge il ministro, che chiede a tutti di vaccinarsi, «sia i più piccoli che i ragazzi più grandi». In effetti l’obiettivo di queste regole, in particolare alle elementari, è proprio quello di spingere sulle somministrazioni, visto che la campagna vaccinale partita a metà dicembre per la fascia 5-11 anni stenta a decollare ('solò 435mila prime dosi).   COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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