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Aeroporto di Catania, riparte l’iter della privatizzazione: il piano per il dopo-Covid

Di Mario Barresi |

CATANIA – L’aeroporto di Fontanarossa fa un altro passo – significativo, ma non ancora irreversibile – verso la privatizzazione. Negli scorsi giorni, infatti, la Sac ha scelto l’advisor legale per la fase propedeutica alla potenziale vendita di oltre il 50% di azioni.

Al termine della procedura negoziata, così come previsto dal codice sugli appalti, su «servizi legali per la procedura di individuazione di soggetti interessati all’acquisto» è stato scelto Gianni&Origoni. Il servizio, a fronte di una base di gara di 400mila euro, è stato assegnato per 330mila euro. La commissione, fra cinque titolati concorrenti, ha selezionato uno studio internazionale, con 11 sedi e 470 professionisti, «leader nella consulenza e assistenza in tutti i settori del diritto d’impresa», conferma l’amministratore delegato di Sac, Nico Torrisi. Martedì il primo incontro informale fra i vertici della società di gestione e il team di avvocati guidato da Eugenio Grippo. socio e fondatore dello studio, che «ci aiuterà a costruire al meglio – precisa Torrisi – il percorso che porterà, su mandato unanime dall’assemblea dei soci, alla vendita di una quota del pacchetto azionario».

Il «percorso» di cui parla l’ad parte – o meglio: riparte – dopo un anno di congelamento dovuto soprattutto alla crisi legata al Covid. La scelta del super consulente legale per il supporto della predisposizione del bando, secondo i piani iniziali, sarebbe dovuta avvenire nei primi mesi del 2020. Assieme alla selezione di altri due advisor: uno finanziario (per la valutazione della società in funzione del percorso di cessione della maggioranza) e uno industriale (per studiare il piano di investimenti a lungo termine da indicare agli aspiranti partner privati). Per il ruolo finanziario è confermato l’interessamento di colossi come Unicredit, Mediobanca e Banca Intesa, oltre ad altri istituti internazionali.

Il piano, approvato dall’assemblea dei soci Sac nel novembre del 2019, prevede una seconda fase, con tre mesi di «strategia di marketing»: pubblicazione del bando, manifestazione d’interesse, prima selezione. Poi scattano le «offerte non vincolanti»: 60 giorni per riceverle e selezionarle. Infine, l’ultimo step di altri due mesi: presentazione e scelta delle «offerte vincolanti», con l’aggiudicazione al vincitore, l’autorizzazione del contratto e il “closing” della privatizzazione. Un iter lungo poco più di un anno, se non ci dovessero essere intoppi, compresi i tempi delle autorizzazioni preventive al bando da parte dei ministeri dell’Economia e dei Trasporti. L’idea prevalente del socio forte di Sac, ovvero la Camera di Commercio del Sud-Est, che detiene il 61,22%. sostanzialmente condivisa anche dagli altri azionisti (Città metropolitana e Comune di Catania, ex Provincia di Siracusa e Irsap), è di cedere il pacchetto di maggioranza: dal 51 al 70% la forbice ipotizzabile.

La strategia più attestata è la vendita pro quota, cioè tutti i soci nella stessa proporzione, il che tutelerebbe soprattutto gli azionisti minori. Compresa la Regione, interessata con il 12,24% di Irsap, che all’epoca del voto in assemblea chiese prima una «pausa di riflessione», per poi votare sì, fatti salvi «i diritti del socio» sulla «valutazione all’esito del lavoro» degli advisor. Una condizione scontata, visto che comunque il tasto “play” sulla privatizzazione, continuano ad assicurare i vertici di Sac, avverrà «soltanto al termine di una procedura trasparente e concertata, in cui la scelta finale, qualunque essa sia, sarà dei soci».

Ma quanto vale oggi l’aeroporto di Catania? Magari non più l’«almeno un miliardo di euro» su cui si sbilanciò Pietro Agen, presidente della Camera di Commercio, qualche anno fa. A fine 2019 un’ipotesi di stima si aggirava attorno ai 700 milioni. E ora che, dopo quasi un anno di Covid, gli scali di tutto il mondo sono in ginocchio? Proprio negli scorsi giorni Sac ha diffuso i numeri del traffico nel 2020: -64,25%, 3.654.457 passeggeri contro i 10.223.113 dell’anno precedente. Un tracollo, nell’annus horribilis dei voli, ma in proporzione minore ad altri scali, tant’è che Fontanarossa sale, per la prima volta, al quarto posto in Italia. Ma è certo che il bilancio ne risentirà molto.

Ed è per questo che Sac, dopo aver incassato l’allungamento di due anni (dal 2047 al 2049) della concessione quarantennale di Enac, punta su un’altra misura del governo. Il fondo ristoro di 450 milioni per gli aeroporti (90 a testa a Roma e Milano, i restanti 270 alle altre società di gestione), per il quale l’ad Torrisi, oltre al «coinvolgimento degli scali minori come Comiso», auspica che «nella suddivisione, visto il veto dell’Ue sul criterio del traffico, si tenga conto dei ricavi dell’aviazione commerciale, legati comunque al volume di passeggeri».

Insomma, a Fontanarossa si prova a ripartire. Volando basso, ma con alcuni segnali che fanno ben sperare. Il primo è l’investimento di 100 milioni, in piena crisi Covid, da parte di WizzAir su Catania, che diventa la seconda base della low cost ungherese in Italia dopo Malpensa. Il secondo indizio di speranza è l’esito della gara sulla gestione del duty free, vinta dalla multinazionale “La Gardere”. «Il minimo garantito è salito dagli 800mila euro del precedente appalto a 1,7 milioni e le royalties passano dal 23 al 31 per cento. Un chiaro segnale che c’è fiducia sulla ripresa e che Sac resta più che appetibile sul mercato».

Fino al punto di trovare compratori di alto livello e un prezzo adeguato nella vendita di azioni del più importante aeroporto siciliano? I prossimi mesi ci daranno la risposta.

Twitter: @MarioBarresi

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