Assurdi di Sicilia, serra fotovoltaica stoppata da «insufficiente energia»

Di Marta Furnari / 23 Settembre 2018

PIAZZA ARMERINA – In contrada Fegotto a Piazza Armerina, nel cuore della Sicilia, avrebbe potuto decollare un progetto innovativo, ideato dalla società “La Tartaruga”, quello della coltivazione in due ettari e mezzo, sotto serre fotovoltaiche, dei fiori di colza dai quali si estrae un olio vegetale che non inquina e rappresenta un’alternativa vantaggiosa alla fonte petrolifera per la produzione del carburante nel pieno rispetto dei parametri di Kyoto. Un progetto che avrebbe dato lavoro a 5 operai oltre ad un tecnico e creato un indotto non indifferente a livello economico. Ma qualcosa non è andata come doveva: le serre fotovoltaiche con la coltivazione innovativa non sono mai state avviate generando un contenzioso finito in tribunale.

La questione è sommersa da un rimpallo di responsabilità relativa al mancato potenziamento della cabina “San Cono”, gestita da Enel Distribuzione, necessaria alla connessione dell’impianto fotovoltaico e della coltivazione. Protagonisti della vicenda la Tartaruga s.r.l., l’Autorità per l’Energia, Terna ed Enel Distribuzione. La controversia è attualmente al vaglio del Consiglio di Stato.

A raccontare a “La Sicilia” la vicenda è Maurizio Castagna, uno dei soci: «Nel 2011 c’erano incentivi statali disponibili per produrre energia pulita, mai avremmo pensato che Enel ci avrebbe detto che per il potenziamento della cabina “San Cono” sarebbero occorsi tre anni. In quel periodo il Decreto Romani tagliava ogni tre mesi gli incentivi dello Stato quindi aspettare tre anni avrebbe voluto dire perdere frutto e capitale investito. Non avevamo la certezza di un nuovo finanziamento. La norma europea prevede che Enel, o chi per essa, avrebbe dovuto potenziare la rete tempo prima, non alla richiesta delle imprese o quando i trasformatori delle cabine sono saturi, avrebbe dovuto farsi trovare pronta. Ci siamo quindi appellati all’Autorità per l’Energia la quale, dopo diversi mesi e una serie di reclami, ha archiviato dicendo che Enel aveva agito secondo le norme del Testo Integrato delle Connessioni Attive. Secondo noi non è così poiché Enel e Terna hanno fruito di incentivi al fine di potenziare per tempo rete e cabine. Un impianto fotovoltaico di grossa taglia non si realizza dall’oggi al domani, Enel e/o Terna sono a conoscenza anni prima che dovranno connettere impianti per una determinata potenza e sanno in anticipo quanta potenza rimane per eventuali altre connessioni, quindi esistono i piani di sviluppo che vengono elaborati prendendo in considerazione scenari che potranno verificarsi in futuro per evitare problemi alla rete elettrica». Castagna prosegue: «Abbiamo impugnato l’archiviazione dinanzi al Tar di Milano che ha dato ragione all’Autorità per l’energia. Adesso abbiamo fatto ricorso al Consiglio di Stato».

Un altro aspetto è quello tecnico della saturazione: «Nel 2011 – spiega Castagna – alla data della nostra richiesta, la saturazione era reale e non virtuale e non avrebbero dovuto accettare richieste di preventivi, che oltretutto per le ditte sono a pagamento; si consideri che, secondo il regolamento Enel, gli impianti di potenza fino a 200 Kwp si possono connettere in bassa tensione ma quelli fino a 100 Kwp vanno connessi in bassa tensione. L’ultima nostra richiesta era relativa alla connessione di un impianto da 96 Kwp. Quindi non c’era bisogno di potenziare la cabina: per trasformare l’energia da noi prodotta bastava immetterla per farla consumare direttamente. Anche da questo si evince che i trasformatori erano saturi realmente».

Una vicenda complicata in cui sarà il Consiglio di Stato a stabilire se l’Autorità per l’Energia, Terna ed Enel Distribuzione hanno agito nel rispetto delle norme vigenti. Senza dubbio un’occasione perduta di sviluppo economico ed occupazionale: «Non ci fermeremo – conclude amareggiato Castagna – neanche se dovessimo perdere al Consiglio di Stato, ricorreremo alla Corte di Giustizia Ue e invieremo tutte le carte all’Antitrust europeo. Abbiamo subito un danno di 2,3 milioni. Vogliamo sapere perché questo territorio viene umiliato e mortificato».

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