Augusta, l'impianto di rifiuti nato nel silenzio: al porto commerciale autorizzato lo stoccaggio di 500mila tonnellate (senza il parere dell'Arpa)
Lo costruirà la società Hub cem srl, una delle tante imprese della galassia imprenditoriale della famiglia Caruso di Paternò. Diventata rapidamente, e senza clamore, un colosso della gestione della spazzatura
Ci sono volte in cui gli impianti dei rifiuti spuntano sui territori nel silenzio. Che non significa che appaiono da un giorno all’altro, significa che per essere autorizzati beneficiano del silenzio: per esempio di quello delle istituzioni che, chiamate a esprimersi, non lo fanno. È il caso dell'impianto per lo stoccaggio di rifiuti pericolosi e non, da 500mila tonnellate l'anno (di cui 9mila pericolosi), che nascerà nel porto commerciale di Augusta. Da lì sarà più facile spedirli lontani dalla Sicilia, tramite le navi. Lontani dagli occhi, ma non dal cuore degli interessi imprenditoriali: a realizzare l’impianto è Hub cem srl, società della galassia della famiglia Caruso di Paternò.
Il silenzio-assenso
Il dipartimento Acqua e rifiuti dell'assessorato regionale all’Energia ha concesso a Hub cem l’autorizzazione il 12 giugno. Senza che siano arrivati i pareri finali dell’Arpa, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente; del Comune di Augusta; del Servizio igiene degli ambienti di vita dell’Asp di Siracusa; e addirittura del dipartimento Ambiente della stessa Regione. Tutte amministrazioni «omissive», si legge nell’autorizzazione unica, che non si sono espresse nonostante «ripetutamente sollecitate». E nel silenzio c’è l'assenso. Anche se si tratta di procedimenti che riguardano ambiente e salute pubblica, per cui il silenzio-assenso, in teoria, non dovrebbe valere.
È da un po’ di tempo che il progetto dell’impianto di trattamento dei rifiuti pascola negli uffici della Regione. L’area di pertinenza, grande 5.900 metri quadrati, era già stata individuata l’11 ottobre 2021. Data in cui gli imprenditori di Hub cem presentano al dipartimento la richiesta di autorizzazione. Il territorio di Augusta loro lo conoscono bene: è alla stessa famiglia imprenditoriale che fa riferimento la società Rigenia srl, che in contrada San Cusumano, sempre ad Augusta, ha l’autorizzazione per il trattamento di rifiuti liquidi pericolosi e non, impianto in servizio dall'inizio del 2023.
Gli imprenditori da Paternò
I fratelli Emanuele e Gaetano Caruso, da Paternò, sono diventati rapidamente - e senza clamore - i colossi siciliani della gestione dei rifiuti. Da quelli organici per produrre biometano (vedi alla voce impianto di compostaggio di Rem srl, alla zona industriale di Catania, con un ramo d'azienda poi ceduto a Biometan) ai terreni contaminati dopo la lavorazione degli idrocarburi (se ne occuperanno, invece, con la società Eta Owac, che a Grotte San Giorgio, poco fuori dal capoluogo etneo, sta costruendo un impianto da 150mila tonnellate annue: il fine lavori previsto era il 29 agosto 2025, ma è stata chiesta una proroga dell’Autorizzazione ambientale).
Il passato burrascoso della famiglia è pubblico: nel 2020 Emanuele Caruso viene arrestato, insieme alla compagna Daniela Pisasale, per le mazzette a Bellolampo, in cui era coinvolta la società Rem. Dal processo, l’azienda viene fuori pulita, Caruso e Pisasale vengono condannati in primo e secondo grado. La società viene anche coinvolta nel 2023 in un procedimento, poi archiviato in neanche un anno, per abbandono incontrollato dei rifiuti nel grande ex macello oggi riconvertito a produzione di compost. Prima ancora, a fine anni Duemila, i due fratelli vengono indagati per associazione mafiosa e per i presunti legami con la famiglia Santapaola-Ercolano. Per i giudici l’accusa non regge: sono vittime di estorsione, altro che partecipi. Anni prima, a imporre loro il pizzo, era stato perfino lo zio, Pippo Mirenna, boss dei Santapaola-Ercolano.
Adesso, dopo tante traversie, le imprese crescono a vista d’occhio. Mentre lavorano alla bonifica della cava di fluoroedenite a Biancavilla, continuano ad ampliare i loro interessi. Nell’autorizzazione per Hub cem al porto commerciale di Augusta, si legge che nell’area potranno essere stoccate ceneri pesanti, scorie, rifiuti della pirolisi, oltre che vetro, metalli e, in generale, rifiuti non putrescibili. Che potranno stare là per sei mesi.
L'autorizzazione regionale
Nel documento autorizzativo si leggono prescrizioni come la previsione di «idonei sistemi di gestione degli sversamenti» e il dovere «rispettare la normativa sulla sicurezza e salute nei luoghi di lavoro». Ma anche: «L’esercizio dell'attività autorizzata non deve comportare danni all’ambiente», sottoscrivono il dirigente del servizio Francesco Arini e il dirigente generale Arturo Vallone.
Contro l’Autorizzazione unica concessa ad Hub cem adesso si muovono gli attivisti ambientalisti del coordinamento Salvare Augusta, che ieri hanno depositato una richiesta di annullamento in autotutela al dipartimento Acqua e rifiuti. Inviata per conoscenza anche a tutte le istituzioni coinvolte, oltre che alla Prefettura e alla Procura di Siracusa. L’area di intervento, scrivono, «dista meno di un chilometro dal perimetro del centro abitato della città di Augusta (circa 600 metri)» e meno di 300 metri dal perimetro dell’area protetta delle Saline (Hub cem parla di 1,3 chilometri).
Oltre al mancato rispetto della lontananza da aree di tutela ambientale e città, «il progetto d’impianto in esame non risulta essere stato preventivamente sottoposto alle obbligatorie procedure di Valutazione d’incidenza rispetto al sito tutelato, né tanto meno appare documentato l’avvenuto espletamento di una Verifica di assoggettabilità o di Valutazione d’impatto ambientale (Via)». Non c’è neanche il parere della Soprintendenza dei Beni culturali.
Ambientalisti contro il nuovo impianto
C’è poi il fatto, aggiunge Salvare Augusta, che il 5 luglio è bruciato di nuovo, come nel 2022, l’impianto di Ecomac «per la messa in riserva e il recupero di rifiuti pericolosi e non pericolosi» di contrada San Cusumano. Un rogo che ha reso irrespirabile l’aria per giorni, preoccupato la popolazione e reso necessario perfino un sopralluogo della commissione Ambiente presieduta dal deputato Ars Giuseppe Carta (già dipendente del polo petrolchimico e sindaco di Melilli, uno che le vicende ambientali di quel territorio le conosce come le sue tasche).
Per spegnere completamente il fuoco ci sono voluti dieci giorni. Lasciando così che emergessero, scrive Salvare Augusta, «le gravi difficoltà in cui si sono ritrovati gli enti tecnici, i vigili del fuoco e gli amministratori locali nella gestione di un evento di tale magnitudo», a seguito della quale l’Arpa ha registrato diossine oltre le soglie limite di esposizione. Il 24 luglio, dalla commissione Ambiente svoltasi ad Augusta «sono scaturite unanimi indicazioni per l’adozione di misure tese a impedire il ripetersi di tali eventi, tra le quali misure lo stop all’insediamento di ulteriori impianti di stoccaggio e gestione rifiuti nell’Aerca (Area a elevato rischio di criticità ambientale), il rafforzamento dei controlli, il miglioramento del coordinamento e della comunicazione verso le popolazioni».
L’impianto di Ecomac è più piccolo di quello (futuro) di Hub cem. Senza contare che si troverà al porto commerciale, dove bastano già i carburanti delle navi a destare preoccupazioni. Sull’incendio di inizio luglio la Procura di Siracusa ha aperto un fascicolo, per comprendere se sia stato doloso o colposo. Ma quello del 2022 si è detto che sia stato causato da un fulmine, caduto dentro ai confini dell’impianto. L’1 agosto, poi, al porto commerciale, è divampato un incendio di materiali ferrosi. Domato in fretta, dal mare. Ma il punto, per gli attivisti e le attiviste, è semplice: «Vera sicurezza, concreto depotenziamento dei rischi, effettiva tutela della salute e dell’ambiente». Tutte cose un pochino più difficili nelle aree a così alta densità industriale.