Blitz Cerbero: «Hanno scassato "Mentina"», le intercettazioni della guerra nel clan
«Hanno scassato “Mentina”». Le tensioni all’interno della famiglia (non solo in termini mafiosi) dei Cursoti Milanesi erano fortissime nella primavera di 3 anni fa. Le indagini che venerdì sono culminate con il blitz Cerbero permettono di seguire in diretta un’escalation di violenza inaudita. Con pestaggi e sparatorie fra le due fazioni: da una parte Giuseppe Agatino Ardizzone per la corrente di Carmelo Distefano “pasta ca sassa” e dall’altra i fratelli Alfio e Giuseppe Licciardello che portavano in eredità il vessillo del nonno Saretto “u furasteri” Pitarà morto, per cause naturali, nel 2020.
Aprile 2022 diventa di fuoco. Carmelo Tiralongo, coinvolto nell’operazione della Dda, è vittima di un pestaggio da parte del gruppo di Ardizzone. Quest’ultimo infatti chiama al sodale Anthony Scalia (“u fenicottero”) dicendo di avvertire una persona rimasta ignota di «non uscire di casa» poiché avevano picchiato a Tiralongo e aveva paura che potessero esserci reazioni. E infatti ci sono. Alfio Licciardello spara colpi di fucilie - come già raccontato nell’edizione di ieri del giornale - contro il negozio del padre dei fratelli Strano, anche loro arrestati venerdì nell’inchiesta della Dda.
Nei giorni si susseguono una serie di telefonate. Il 20 aprile 2022 Rosario Piterà usando il telefono di Ardizzone contatta Salvatore Gabriele Zito per avere informazioni su Tiralongo, conosciuto come “mentina”. Si ipotizza che l’uomo si fosse nascosto («Vedi mi devi far sapere come ha la testa…»). Zito dice da aver saputo indirettamente che «aveva la faccia gonfia». Anche Ardizzone pressa Zito per avere notizie di Tiralongo che «aveva l'occhio gonfio». Concetto Piterà (all’epoca detenuto in una comunità a Segesta) e il figlio Giuseppe, detto Unghio, manifestano tutto il loro risentimento nei confronti dei fratelli Licciardello indicati dal padre come «tuoi nipoti», che si sarebbero schierati con altri gruppi («Prima se ne sono andati in quelli là sotto…e poi se ne sono andati là sopra»). Giuseppe Piterà è deluso delle manovre dei cugini: «Non sono più familiari nostri… Gliel'ho detto a tutti».
Il padre però consiglia al figlio di non dare troppo peso a quello che stava succedendo poiché nessun altro gruppo mafioso li avrebbe accolti. Piterà cerca di dare una lezione di mafia al figlio che invece si sarebbe fatto prendere dalla rabbia. Un tratto caratterizzante della nuova generazione che invece di riflettere e mediare, fa un uso spropositato delle armi. Creando dinamiche pericolose ma allo stesso modo attirando irrimediabilmente l’attenzione degli investigatori che infatti in quelle ore si recano davanti al negozio degli Strano per verificare se quello che emergeva dalle intercettazioni fosse confermato. Dall’analisi delle telecamere di videosorveglianza arriva il riscontro: si nota un ragazzo con la giacca nera armato di fucile fare fuoco (nella foto) contro l’attività commerciale. E sarebbe Alfio Licciardello.