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Casa di riposo lager ad Aci S. Antonio Il titolare della San Camillo arrestato

Di Redazione |

E’ stato arrestato e posto agli arresti domiciliari Giovanni Pietro Marchese, di 60 anni, l’amministratore unico della casa di riposo San Camillo di Aci Sant’Antonio (Catania) coinvolto recentemente in una indagine su maltrattamenti agli anziani ospiti.

Il provvedimento è strato emesso dal Gip del Tribunale di Catania, che ha anche sequestrato la struttura. L’indagine dei carabinieri sfociò per Marchese nel divieto di esercitare l’attività imprenditoriale per 12 mesi e di esercitare la professione per nove mesi a tre dipendenti della struttura: Giovanna Giuseppina Coco, di 37 anni, e per le 41enni Rosaria Marianna Vasta e Alessandra Di Mauro.

Le immagini al centro dell’inchiesta furono estrapolate dal cellulare di una delle indagate. Secondo l’accusa il personale avrebbe «maltrattato gli anziani degenti della struttura», «creato un clima abituale di vessazioni, umiliazioni e mortificazioni», «disinteressandosi della cura, anche medica, e dell’assistenza degli anziani e delle precarie condizioni igienico-sanitarie della casa di riposo, dove sono stati avvistati dei topi e gli anziani hanno contratto la scabbia, così aggravando lo stato di sofferenza fisica e psichica degli ospitati».

Marchese è finito agli arresti a causa, spiega la Procura, delle reiterate violazioni delle prescrizioni impostegli nella prima misura interdittiva notificatagli il 28 ottobre scorso. L’uomo infatti ha continuato a dirigersi presso la Casa di Riposo, qualificandosi come direttore della struttura (tra l’altro, firmando in qualità di dirigente un comunicato pubblicato sulla pagina Facebook di Villa San Camillo in cui smentiva le notizie apparse sui media), nonché arrivando addirittura a disporre il trasferimento di un ospite in altra struttura e convocando un parenti di un anziano al fine di fargli rendere dichiarazioni favorevoli alla sua difesa attestando che il padre non aveva mai subito maltrattamenti o abbandono.

Fondamentale è stata la collaborazione di numerosi parenti dei degenti, i quali, a seguito della divulgazione a mezzo stampa delle notizie in cui si rendevano note le vicende dei maltrattamenti, si sono presentati presso la Stazione Carabinieri di Aci Sant’Antonio riferendo non solo in merito a diverse situazioni sospette accadute tempo prima come la presenza di ematomi, puntini rossi sulla pelle, tumefazioni, fratture, sempre giustificati genericamente, ma anche sul totale spregio della misura interdittiva da parte di Marchese.

In particolare, alcuni degli anziani portati successivamente via dalla struttura e sottoposti a visite specialistiche sono risultati affetti da scabbia o da dermatite eczematosa con forte prurito (probabilmente dovuta all’utilizzo di detergenti non consoni), presentando in un caso “graffi freschi, lividi e piccole ferite aperte”.

Lo scenario descritto agli inquirenti è stato raccapricciante. Anziché essere accudito con amorevolezza, un degente ha riferito che in diverse occasioni le operatrici, dai modi

“aggressivi e nervosi”, avevano risposto alla sua richiesta di assistenza dopo alcune ore, lasciandolo in una umiliante condizione igienica e lavandolo talvolta con acqua fredda.

In un altro caso addirittura il Marchese, a seguito del peggioramento delle condizioni di salute di un’ospite affetta da Alzheimer, aveva sostituito d’iniziativa la prescritta terapia di carattere neurologico senza dir niente ai parenti e senza averne alcun titolo, in quanto medico generico.

Il sequestro preventivo della struttura è stato ritenuto dalla Procura necessario in vista del “rischio che potesse continuare ad ospitare anziani e degenti in un ambiente assolutamente inidoneo, in deprecabili condizioni igienico-sanitarie, in assenza di assistenza medica e in un clima di vessazioni e gravi mortificazioni, con conseguenti sofferenze fisiche, psichiche e morali per gli anziani”.

Gli investigatori hanno anche constatato che la struttura aveva: superato il limite di capienza massima degli anziani (a fronte dei 24 previsti vi erano 30 degenti, 13 dei quali non autosufficienti); alle dipendenze due donne che, sebbene assunte con mansioni rispettivamente di addetta alle attività polivalenti e addetta alle pulizie, in realtà avevano anche contatti con gli anziani; solo sette dipendenti assunte con mansione di assistenza agli anziani, numero tale da non consentire il giusto e tempestivo sostegno degli ospiti ricoverati.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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