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IL PROCESSO

Caso Denise: ecco perché l’avvocato Frazzitta diffamò gravemente Carmelo Abbate

Le motivazioni della sentenza con la quale il legale di Piera Maggio è stato condannato a 4 mesi di reclusione e 400 euro di multa

Di Redazione |

«Parole gravemente diffamatorie»: così il giudice del tribunale di Marsala Fabrizio Guercio ha definito le affermazioni dell’avvocato Giacomo Frazzitta, legale di Piera Maggio, la mamma della piccola Denise Pipitone scomparsa l’1 settembre 2004 a Mazara del Vallo, contro il giornalista Carmelo Abbate. Si legge nelle motivazioni della sentenza con la quale il magistrato, a febbraio scorso, ha condannato a 4 mesi di reclusione e 400 euro di multa per diffamazione in danno del giornalista l’avvocato di Piera Maggio. Nella sentenza si dispose la sospensione della pena al pagamento di un risarcimento danni di 25 mila euro, da versare entro tre mesi dal deposito delle motivazioni.

Il legale era stato querelato da Abbate che per le affermazioni contenute in un video diffuso in una diretta sul profilo instagram, in risposta al messaggio pubblicato il 12 maggio 2021 sul profilo twitter dal giornalista. «Attenzione qualcuno si farà male – disse l’avvocato Frazzitta – è la famosa minaccia mafiosa che solitamente gira forse nel paesello dove lui vive». Abbate si era si era espresso molto criticamente sul rilievo mediatico del caso Denise.

«Anna Corona e Jessica Pulizzi sono vittime di tortura mediatica – scrisse Abbate – alimentata ad arte e consumata per ragioni di share e like. Fermatevi fino a quando siete in tempo o qualcuno si farà del male». Le sue parole a sostegno delle due donne arrivarono a pochi giorni dall’intervista rilasciata da Anna Corona a «Quarto Grado» (Rete4).

«Ciò che mi è poco chiaro è chi dovrebbe farsi male? Cosa vuol dire? Questa minaccia è rivolta certamente verso Piera Maggio – disse Frazzitta – e coloro che lavorano per la verità , credo sia estremamente grave».

«Orbene, si potrebbe obiettare che il Frazzitta non ha appellato l’Abbate con l’epiteto di mafioso; cionondimeno, però, l’ha descritto – in modo assolutamente non veritiero – come una persona adusa alle minacce mafiose, del tipo di quelle che sono abituati a fare nel “paesello in mezzo alle montagne ad alta densità mafiosa” in cui lo stesso vivrebbe (ossia il Comune di Castelbuono, che ha dato i natali all’odierna parte civile)», ha scritto il giudice che sostiene che il legale abbia ampiamente superato i limiti della «continenza formale» scadendo nelle offese al giornalista.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA