POLIZIA
Catania, in carcere altri migranti che organizzavano viaggi per l’Europa: le donne costrette a pagare anche con prestazioni sessuali
L'operazione Ladaya Bis coordinata dalla Procura etnea: nuovi arresti e nuovi particolari sui traffico di esseri umani
Contanti e abusi sessuali: è il prezzo che dovevano pagare delle migranti, anche se in compagnia di figli minorenni, all’organizzazione che organizzava il loro viaggio per l’Italia. E’ quanto emerge dall’operazione “Landaya bis” della Procura di Catania che sottolinea come emerga «ancora una volta l’estrema vulnerabilità delle migranti di sesso femminile il cui inserimento nel flusso migratorio e la dipendenza da trafficanti privi di scrupoli determina una seria esposizione a rischi di sfruttamento».
Sempre avuto riguardo alle vulnerabilità, in alcune occasioni emergevano movimentazioni illecite di bambini in tenera età, accompagnati dalle madri e talvolta da esse momentaneamente affidati a un componente del sodalizio, nonché la strumentalizzazione della condizione di incertezza del migrante.
Expertise criminale
Gli indagati, giunti in Italia a partire dal 2016, secondo la Procura di Catania «avrebbero dimostrato una non comune expertise criminale tanto che avrebbero affinato le tecniche di interazione con la clientela. La strategia consisteva nell’imbrigliare il migrante offrendogli quanto da esso atteso e anche di più e in fretta, portandolo sino a un punto di avanzamento delle operazioni tale da rendergli impossibile il rifiuto del servizio. Tra l’altro alcuni degli indagati, avrebbero approfittato in tal senso, del loro inserimento a vario titolo all’interno di strutture di accoglienza per migranti: per un verso accreditandosi presso i migranti per il fatto stesso di svolgere attività all’interno di dette strutture; per altro verso sfruttando tutte le informazioni per tale ragione disponibili circa i nuovi arrivi, le nazionalità e l’età dei potenziali clienti.Il sodalizio poteva contare su tre cellule: una nel Piemonte, una Ligura e un’altra nella stessa regione che agiva a Ventimiglia.
Il giro d’affari
Il giro d’affari era notevole: sebbene la maggior parte dei movimenti dei flussi di denaro avvenisse in contanti l’analisi delle postepay in uso ad alcuni degli indagati consentiva di attestare che uno dei sodali aveva effettuato l’acquisto online di titoli di viaggio in un limitato arco temporale per un ammontare di circa 26.000 euro. Le carte avevano saldo zero, perché utilizzate come contenitore e subito svuotate con transazioni complessivamente ammontanti a 800.000 euro. Cifre parziali perché i flussi di denaro di rilievo avvengono utilizzando soggetti apparentemente non legati agli autori del reato.
Le indagini, coordinate dalla Procura di Catania ed eseguite dalla sezione Criminalità straniera e prostituzione della squadra mobile della Questura etnea, avrebbero consentito di acquisire, allo stato degli atti,» elementi che dimostrerebbero come i fermati, per lo più francofoni, della Guinea e Costa d’Avorio, sarebbero in grado di garantire al migrante la realizzazione del progetto migratorio nella sua interezza, dal paese di origine a quello di destinazione, attraverso paesi di mero transito (tra i quali l’Italia) con la pattuizione del pagamento di un prezzo per ogni tappa del viaggio, corrisposto alle diverse persone incaricate di curare la singola tratta, utilizzando allo scopo precipuo del raggiungimento del confine francese treni e macchine (più raramente sentieri di montagna) ed offrendo a tal fine tutti i servizi necessari allo “sconfinamento”».
Tutto compreso
Dall’organizzazione dello spostamento del migrante dal centro cui veniva affidato in accoglienza dallo Stato italiano fino al sito dal quale operare il travalicamento dei confini, la fornitura eventuale di documenti falsi (anche di tipo sanitario quali falsi Green pass, falsi esiti del test Covid-19 e patenti di guida), la presa in carico del migrante una volta raggiunto sul luogo in prossimità del confine, l’offerta di ospitalità nelle more, comprensiva di vitto e alloggio, la reiterazione dei tentativi di sconfinamento, la presa in carico a opera di altri membri una volta raggiunta la Francia.
«Il sodalizio – ricostruisce la Procura di Catania – risultava avere struttura fluida perché capace di adattarsi ma in ogni caso ben definita quanto ai ruoli: non vi era evidentemente un capo all’apice, ma quattro capi/organizzatori ciascuno per ognuno dei gruppi, quattro entità collettive operanti con una organizzata gestione di risorse umane e materiali, stabilmente a disposizione le une delle altre e sinergicamente attive con metodi illeciti, con la finalità della commissione di plurimi delitti rientranti in un unico superiore progetto associativo che dall’Italia passava soltanto, in quanto iniziava all’estero e terminava all’estero».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA