Il processo
Catania, inchiesta “12 apostoli”, le parti civili chiedono condanna dei 3 imputati
«Quelle ragazze vittime di abusi potevano essere le nostre figlie». Accorata discussione dei legali di cinque vittime e di un’associazione antiviolenza nel processo contro il “santone” Pietro Capuana e le tre “ancelle” accusate di violenza sessuale ai danni di alcune minorenni
Cinque ore di udienza. Dalle 15 alle 20 di sera. Al processo sulla “setta” degli abusi alla Comunità Acca di Aci Bonaccorsi sono cominciate le discussioni dei legali delle parti civili. Il primo round è toccato a due avvocati di cinque vittime, Tommaso Tamburino e Roberto Russo Morosoli, e una del centro antiviolenza Thamaia, Santa Monteforte . Per la prima volta i penalisti hanno potuto sviscerare il lungo dibattimento in cui sono imputati Pietro Capuana, battezzato dalla stampa il “santone”, e le tre adepte dell’associazione Fabiola Raciti, Katia Scarpignato e Rosaria Giuffrida.
La vicenda giudiziaria è nata ancor prima che venisse fuori con le misure cautelari applicate nell’ambito dell’inchiesta “12 apostoli”. Il rewind del nastro è stato portato indietro nel tempo fino al giorno in cui la prima ragazza decise di non tornare più nella casa di Capuana dove si sarebbero consumate le violenze sessuali. La madre cercò di capire le ragioni di quel rifiuto e il racconto della figlia la lasciò con un forte dolore allo stomaco. Decise di denunciare immediatamente alla polizia postale che con il coordinamento del procuratore aggiunto Marisa Scavo – oggi in pensione – riuscì a fare emergere altre vicende aberranti con altre ragazze vittime. «Potevano essere le nostre figlie», hanno detto nel corso delle arringhe rivolgendosi al collegio del Tribunale presieduto da Santino Mirabella.
Quello spaccato di violenza è stato cristallizzato nell’incidente probatorio. Un apparato accusatorio «granitico» che non lascia alcun dubbio – secondo i legali delle parti civili – sulla responsabilità penale dei tre imputati. Per gli avvocati «Capuana non avrebbe potuto agire da solo» e «l’apporto delle tre donne» sarebbe stato fondamentale nella commissione delle violenze perpetrate alle minorenni. I legali, rivolgendosi ai giudici, hanno sottolineato la «falsità» delle dichiarazioni di alcuni membri della comunità di Lavina chiamati a testimoniare dalla difesa. Bugie che sarebbero il frutto, alcune volte in mala fede in altre no, di una totale “soggezione” nei confronti di Capuana. I tre avvocati, infine, si sono associati alle richieste della pm Agata Consoli chiedendo la condanna dei quattro imputati.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA