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LA SENTENZA

Catania: insulta e schiaffeggia l’avvocato, assolta perché era «angosciata»

Polemiche per una sentenza del giudice di pace che non ritiene colpevole l’esecutata. Il legale presenta appello

Di Vittorio Romano |

Suscita polemiche la decisione di un giudice di pace penale la cui sentenza  pubblicata il 4 gennaio scorso assolve una esecutata che, innanzi all’ufficiale giudiziario, avrebbe schiaffeggiato e oltraggiato l’avvocato di controparte, anche lei donna, «per averle causato un turbamento emotivo» che ne giustificherebbe il comportamento, non costituendo reato penale. Per il giudice, inoltre, le lesioni causate in sede di esecuzione forzata diventano lesioni colpose e, dunque, non perseguibili. 

I fatti ci portano a una querelle tra due condomini di un palazzo di Librino. Quello dell’appartamento soprastante si rifiuta di sostituire le condotte idriche, la cui usura ha provocato l’allagamento dell’abitazione di sotto, dove vive un agente di polizia in congedo. Questi, dunque, richiede l’intervento dell’avvocato, che ottiene dal giudice un ordine di riparazione delle condotte da eseguire, in caso di rifiuto, dall’ufficiale giudiziario assieme a un tecnico ausiliario del giudice. 

Il rifiuto arriva e costringe l’avvocato a richiedere l’esecuzione forzata. Ma il giorno dell’esecuzione, con l’ufficiale giudiziario, il consulente tecnico del giudice, gli idraulici e altri testimoni, nonostante l’avvocato sia prudentemente rimasto fuori dall’appartamento, l’esecutato, incurante della presenza di molte persone e della videoregistrazione dei fatti tramite un telefonino, prima diffama pesantemente il legale della controparte con epiteti irripetibili, poi lo raggiunge fuori dall’abitazione e, a quanto riferisce lo stesso avvocato vittima, lo schiaffeggia sino all’intervento degli altri presenti. 

In sede di processo penale, dapprima il difensore dell’esecutato richiede una perizia psichiatrica per accertare l’incapacità di intendere dell’imputato al momento dei fatti, e dopo sostiene la tesi del turbamento da condanna, tesi accettata dal giudice che infatti pronuncia l’assoluzione. 

Nella sentenza, impugnata dalla parte lesa, il giudice afferma che “«’avvocato ha richiesto l’esecuzione forzata e ciò è stato vissuto con pathos e sofferenza». L’avvocato inoltre «si è presentato in sede di esecuzione forzata» e siccome «l’esecutato la riteneva responsabile dei fatti si sentiva angosciata» e, dunque, sarebbe stata legittimata a uscire nel pianerottolo, dove l’avvocato prudentemente attendeva, e aggredirla. 

Sulle lesioni conseguenti lo schiaffeggiamento, il giudice riferisce: «… riguardo alle dinamiche psichiche, essendo l’esecutato soggetto ansioso, doveva essere onere dell’avvocato spostarsi non appena vedeva uscire di casa l’esecutato, ma non lo ha fatto e dunque le lesioni sarebbero da intendersi colpose e non dolose, ovvero accadute (erano state videoregistrate) ma non volute dall’esecutato che avrebbe schiaffeggiato incontrollatamente». 

«Ho già dato mandato all’avvocato Claudio Galletta di presentare appello – dice l’avvocato dell’ex agente di polizia -. La sentenza è scioccante in quanto, non potendosi negare i fatti (esiste una registrazione), li si addebitano a me che ho fatto il mio lavoro con estrema prudenza. E poi non sentivo da parecchio tempo che il reato di lesioni, se effettuato in sede di esecuzione forzata, diventasse colposo e, dunque, non punibile penalmente. Col mio studio stiamo procedendo a segnalare i fatti al Consiglio dell’ordine forense e al presidente del tribunale che ha la vigilanza sull’operato dei giudici di pace». COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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