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Catania: la donna boss può entrare nel clan, ma la mafia resta un fenomeno patriarcale

Il ruolo della moglie di Giovanni Nizza, arrestata per associazione mafiosa.

Laura Distefano

14 Luglio 2025, 14:45

Naumachia-Catania

Non è mai mancata a un’udienza del processo del figlio Natalino, accusato di omicidio. Borsa griffata, capello biondo fresco di piega. Maria Rosaria Nicolosi rimaneva seduta, nell’aula del tribunale di Catania dedicata a Serafina Famà, fino all’ultimo secondo. E guardava il figlio, in video-collegamento dal carcere, da un monitor. Ora la moglie di Giovanni Nizza è dietro le sbarre. È accusata di associazione mafiosa. Non era quindi una semplice messaggera o cerniera, ma per il gip Pietro Currò che ha disposto il suo arresto sarebbe stata un’affiliata del clan Santapaola-Ercolano. Non sono molte le donne d’onore a Catania: l’ultima in ordine di tempo è Rosa Morace, consorte devota di Santo Mazzei “u carcagnusu”. La sua condanna, nel processo Ippocampo, è diventata definitiva qualche tempo fa.

Ma torniamo all’operazione Naumachia: Nicolosi sarebbe riuscita a creare il suo spazio criminale nonostante il marito e il figlio si siano molte volte messi di traverso. Ma i mafiosi sono patriarcali e maschilisti, le femmine al comando non sono certo gradite. Però di necessità virtù. Rosario Lombardo “u rossu” (deceduto l’anno scorso) era un bigotto. «Devi dire alle tue cognate che avrete i soldi, che devono stare tranquille. Voi dovete stare a casa, a lavare i piatti. Qui mi ci hanno messo i vostri mariti», così il pm Rocco Liguori sintetizza un’intercettazione letteralmente sessista.


La signora Nizza però non si sarebbe fatta influenzare dall’uomo d’onore. Anzi a un certo punto, Lombardo avrebbe avuto bisogno di lei per l’acquisto di una partita di droga a credito. Con il cappelloto Orazio Finocchiaro è stata Maria Rosaria Nicolosi a fare da garante. I collaboratori di giustizia, da Sam Privitera a Salvatore Scavone, riconoscono il ruolo di vertice della donna nel clan. Grazie alle videochiamate con il marito Giovanni Nizza sarebbe riuscita a raccogliere gli ordini da trasferire a gregari e trafficanti. Il consorte contava molto sui soldi della droga.

«A conferma del ruolo di Nicolosi Maria Rosaria, ben eccedente quello di mero anello di collegamento tra il marito detenuto e i sodali in libertà, stanno le conversazioni intercettate nelle quali emerge come l’indagata fosse pure I’"interfaccia” delle famiglie dei sodali detenuti e mezzo per veicolare al marito e quindi al gruppo mafioso le doglianze relative ai ritardi nella corresponsione degli "stipendi”», scrive il gip. Inoltre c’è da rimarcare che il nome della signora Nicolosi , come altre mogli, compariva nella carta degli stipendi” sequestrata nel novembre 2019 a Lorenzo Michele Schillaci, arrestato nell’operazione “Quota Cento”. «Le donne dei Nizza avevano uno stipendio di 2.500 euro al mese», ha spiegato ancora Liguori.