Catania, la “guerra” tra clan per il controllo della piazza di spaccio al 121 di via Capo Passero
Nelle carte del blitz Leonidi bis è finalmente possibile ricostruire le fibrillazioni per il dominio di uno dei più lucrosi market della droga in città
Sono andati a sparare in via Capo Passero perché volevano strappare i lucrosi affari del “121”. Nella primavera dello scorso anno la lingua d'asfalto all'ombra dei grattacieli di Trappeto nord è diventata una polveriera.
Il 16 marzo 2023 i poliziotti hanno trovato 2 bossoli calibro 12 e 6 calibro 7,65. A sparare dei ragazzi a bordo di cinque scooter. Quella prova muscolare oltre ad aver aperto una guerra tra i Nizza e i Cappello ha scatenato un isolamento di quelli del Moncada 10 (così sono definiti gli eredi del giovane Andrea Nizza, in gattabuia dal 2017).
Nelle carte del blitz Leonidi bis è finalmente possibile ricostruire le fibrillazioni per lo spaccio tra clan che La Sicilia ha raccontato quasi in diretta. Ma ora i tasselli del puzzle possono essere messi al loro posto.
Il puzzle
Dietro le manovre di forza ci sarebbe stato Giuseppe Pistone, coinvolto nel blitz Leonidi bis anche se già dietro le sbarre dall'operazione Malerba. Ed è proprio incrociando queste due inchieste che si può delineare quella che Pistone ha definito «una guerra». L'indagato è stato intercettato mentre si è lamentato con Francesco Pio Distefano, un suo fidato nello spaccio, della mancanza di polso di Franco Magrì, il capo della frangia dei Nizza a San Cristoforo. «Ci stanno ammazzando a tutti! Minchia non riesce a prendere iniziativa questa persona». Sono stati giorni di forte tensione. Addirittura Distefano ha avuto nostalgia di Salvatore popcorn (Scavone oggi pentito, ndr) che «seppur sbirro» qualcosa l'avrebbe smossa.
Tra le tante voci captate dai carabinieri in quel periodo “caldissimo” c'è stata anche quella di un rampollo dei Nizza, il minorenne è lo stesso che è stato arrestato per i disordini che ha creato per mesi nella discoteca alla Vecchia Dogana del porto.
Facciamo un attimo un passo indietro. Qualche giorno prima delle stese in via Capo Passero, Pistone ha fatto un discorso preciso: «Gli sto levando il turno al "farmacista” (il nomignolo è quello di Giacomo Vitale, nel blitz Malerba è stato arrestato il figlio Vito proprio per la gestione dello spaccio al 121 di via Capo Passero)».
L'indagato dopo gli spari ha cominciato a muoversi in modo guardingo. Chiedendo addirittura ai suoi sodali di posteggiare in modo da poter essere pronti a scappare: «Peppe vedi che abbiamo discussioni con i "Cappello" Pè! Non posso stare neanche qua in mezzo alla strada». All'indomani delle pistolettate Pistone ha partecipato a una riunione convocata d'emergenza in via Moncada, vicino all'abitazione di Magrì. I carabinieri hanno visto arrivare Benito Pastura, Dario Lo Presti, Carmelo Christian Patanè (di altri gruppi dei Santapaola-Ercolano) e poi anche Orazio Finocchiaro “iattaredda”, all'epoca a piede libero e nome di rilievo tra le file dei Cappello. Ma pare che il summit non abbia portato soluzioni: «No… cosa si è chiusa ‘mpare ci vogliono ammazzare a tutti… cosa si è chiusa? Per chiuderla gli dovremmo dare tutte cose … Noialtri finché c'è l'ultimo di noialtri andiamo a morire».
Tradimenti
L'iniziativa di Pistone, che qualche mese fa avrebbe tentato la migrazione al gruppo della Stazione, non sarebbe piaciuta a qualche santapaoliano. A Sam Privitera, giovane boss dei Nizza da qualche settimana diventato collaboratore di giustizia, sarebbero arrivate voci di tradimenti mentre era detenuto: «Praticamente gli hanno detto a "lattaredda": “ora dobbiamo capire chi è che della nostra casa che sta giocando sporco”». Insomma Pistone sarebbe rimasto isolato. I “grandi” forse non avrebbero apprezzato i metodi troppo appariscenti. E infatti dopo qualche tempo è stato siglato un armistizio. Ma leggendo le carte si è trattata di una quiete forzata e apparente.