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Catania, l'escamotage dell'uomo d'onore per mandare un messaggio a Nitto Santapaola al 41bis

Il processo sul tesoretto di Cosa nostra: Le arringhe difensive e l’apertura della camera di consiglio

Laura Distefano

13 Ottobre 2023, 15:06

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Una sola prova non può essere sufficiente per poter dimostrare che Nitto Santapaola sarebbe ancora in grado di avere contatti con l’esterno e quindi essere pericoloso. L’avvocato Carmelo Calì, difensore del padrino catanese da trent’anni dietro le sbarre, ha chiesto al Tribunale Misure di Prevenzione di non accogliere la richiesta del pm Fabio Regolo di applicare la sorveglianza speciale al boss.

La prova a cui si riferisce il legale è l’intercettazione in cui Giuseppe Cesarotti, in un lungo monologo in auto nel 2017 (captato dal Ros nell’ambito dell’inchiesta Samael) avrebbe riferito di «voler fare entrare» attraverso un escamotage - in questo caso una cartolina - una «foto» che ritraeva «la bicicletta, Giuseppe e u picciriddu». Quest’ultimo è chiaramente il più piccolo dei figli del capo dei capi catanesi. Sarebbe stato un modo per dimostrare quali erano i rapporti tra l’uomo d’onore Cesarotti e il giovane rampollo (che non è coinvolto nel procedimento). Di questa cartolina però che sarebbe dovuta essere inviata a Opera dove Santapaola è detenuto al 41bis non si ha un riscontro. Un aspetto che Calì ha più volte evidenziato nella sua arringa difensiva nell’ambito del procedimento che vede coinvolti anche il nipote di Nitto, Aldo Ercolano, Enzo Mangion, (figlio del defunto Francesco), Cesarotti e il farmacista Mario Palermo. In mezzo c’è la richiesta di confisca di diverse aziende e immobili.

Le altre arringhe

L’avvocato Valeria Rizzo, difensore di Ercolano, ha sollecitato il Tribunale a non emettere alcuna misura di prevenzione personale a carico del suo assistito. Stessa richiesta è stata avanzata dall’avvocato Calogero Licata per Palermo.

L’avvocato Mario Brancato, difensore di Mangion e Cesarotti, ha chiesto per entrambi il dissequestro di tutti i beni oggetti del provvedimento. Per Cesarotti ha discusso anche l’avvocato Salvo Pace che ha insistito per la revoca sia della misura patrimoniale che personale.

La camera di consiglio

Il collegio, presieduto dalla giudice Maria Pia Urso, si è ritirato in camera di consiglio per decidere le sorti del tesoretto di Cosa nostra. Il decreto arriverà entro 90 giorni.