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Catania: l'inferno di San Berillo tra i cumuli di rifiuti e i disperati del crack

Da una passeggiata in centro ai controlli svolti dalla polizia in un’area abitata da migranti regolari: ritrovati alcuni scooter rubati. La disperazione di un giovane nordafricano: «Abbiamo bisogno d’aiuto»

Francesca Aglieri Rinella

03 Settembre 2025, 07:30

BLITZ

Gli scolapasta arrugginiti, gli scarti di cibo, le lattine accartocciate, i materassi sudici, le coperte bucate, i rotoli di carta stagnola utilizzati per sciogliere il crack e una quindicina di residenti abbandonati al loro destino, quello della droga: è uno spaccato triste quello che appare nel dedalo di strade di San Berillo, tra via delle Finanze e via Pistone, dove ieri pomeriggio -grazie a un servizio di controllo straordinario del territorio - i poliziotti della questura hanno portato a termine un’imponente operazione antidegrado.
La zona, un tempo quartiere a luci rosse della città, è oggi caratterizzata da stradine deserte, edifici fatiscenti, luoghi angusti. L’unico tocco di colore rimasto è quello dei murales che campeggiano sui muri e sulle porte che un tempo portavano alle stanze del piacere e che adesso sono murate dal cemento.
Ed è in questo degrado che si incrociano le storie di alcuni residenti - la maggior parte cittadini extracomunitari regolari sul territorio italiano e transessuali - che in preda agli effetti del crack neanche si rendono conto di quanto, nel bel mezzo di un pomeriggio di inizio settembre, sta accadendo intorno a loro.

Gli agenti della questura - volanti, reparto mobile, polizia scientifica e nucleo cinofili - hanno cinturato il quartiere e presidiano gli accessi per evitare che qualcuno possa darsi alla fuga. Con garbo e gentilezza, per non creare disordini e per non rischiare che i controlli possano degenerare, i poliziotti chiedono ai presenti di identificarsi e di fornire le loro generalità.

Giovani provati dal consumo del crack

Loro, gli “ultimi”, visibilmente provati dal consumo di droghe non oppongono resistenza, farfugliano qualche parola in un italiano maccheronico e poi si lamentano, si fermano a fissare il vuoto mentre i poliziotti continuano a scandagliare gli anfratti e a fare domande. C’è chi ascolta la musica con le cuffie alle orecchie, chi è seduto a terra, chi mangia raccogliendo il cibo dalla spazzatura e chi in maniera spasmodica fuma una sigaretta. Agli angoli delle strade è tutto un ricettacolo di rifiuti e di abiti logori appesi alla meno peggio ai chiodi che sparuti compaiono sulle pareti delle case abbandonate: c’è anche un vecchio divano che funge da giaciglio di fortuna e diversi scooter che sono risultati rubati.

Chi è stato identificato resta a guardare gli altri, qualcuno cerca un dialogo con i poliziotti e tra le righe chiede di essere aiutato. C’è un ragazzo originario del Marocco dai meravigliosi capelli ricci e neri che si sbraccia per fare capire ai poliziotti - e forse al mondo interno - che lui, che questa gente «ha bisogno di aiuto». E quando indica, a uno a uno, i suoi compagni di “sventura” dice: «Lei sta male, lui ha bisogno del medico, noi non stiamo bene qui…».

Via i rifiuti dalle strade

All’orizzonte spunta un camioncino bianco: è quello della ditta di igiene ambientale incaricata della rimozione dei rifiuti. Tra i residenti identificati c’è chi si offre di aiutare a pulire: un altro giovane nordafricano chiede la scopa e accantona le cartacce verso il muro: anche lui è in preda ai fumi del crack, senza neanche rendersi conto di quello che fa. I controlli vanno avanti per ore. E nel frattempo, a pochi centinaia di metri dal luogo del blitz, la vita frenetica del centro città continua. In via Giovanni Di Prima i blindati della polizia attirano l’attenzione dei passanti e degli automobilisti che trovano parcheggio in strada. Qualcuno chiede «Ma è accaduto qualcosa? C’è stato un altro omicidio?» (riferendosi alla recente morte del parcheggiatore abusivo quarantenne ucciso dal “rivale” in corso Sicilia).
«No, niente c’è. Ci sono gli “sbirri” che stanno facendo i controlli» risponde una prostituta (ormai disoccupata) seduta davanti alla porta. Controlli antidegrado dicevamo. Che vanno oltre il semplice servizio di ordine pubblico e che colpiscono al cuore di chi, essendo per caso in zona, ha visto e raccontato a malincuore la cronaca di questi residenti, degli “ultimi”.