Catania, i retroscena del blitz a Vaccarizzo: barricati nella villetta con le pistole cariche
Gli otto esponenti dei Cursoti Milanesi avrebbero trovato riparo per paura di ritorsioni dopo una sparatoria.
Avevano scelto la villetta di via Capone per trovare un rifugio sicuro. Infatti avevano sistemato alcune brandine nelle varie stanze e riempito la credenza con derrate alimentari a lunga conservazione. La vacanza “forzata” l’avevano organizzata gli otto giovani - tra cui figli e nipoti d’arte del clan dei cursoti milanesi - beccati dai carabinieri dopo che avevano cercato di disfarsi di un piccolo arsenale composto da una pistola marca Tanfoglio calibro 7,65 e una pistola calibro 9 parabellum con il serbatoio carico di 24 proiettili, una Beretta calibro 7,65 con il caricatore contenente 8 proiettili, un caricatore con 15 proiettili calibro 9 e un altro con 7 cartucce 7,65.
Il riparo dopo la sparatoria
L’irruzione è stata il risultato di una precisa indagine - come emerge dalla richiesta del pm Fabio Regolo e dalla convalida del gip Stefano Montoneri - scattata dopo alcune fibrillazioni finite a pistolettate. A prima vista senza feriti. In via Salvatore Salomone Marino, nel rione Monte Po, infatti i carabinieri di Fontanarossa avevano rinvenuto proiettili e bossoli esplosi. L’attività di intelligence ha portato gli investigatori a ipotizzare che la sparatoria fosse frutto dei dissidi tra i cursoti milanesi e gli Strano di Monte Po (gruppo autonomo ma collegato da ormai quasi quindici anni ai Cappello-Carateddi). I protagonisti della prova muscolare sarebbero state alcune nuove leve del clan fondato da Jimmy Miano che si occupavano di stupefacenti tra San Giorgio e San Leone. In particolare avrebbero operato nella piazza di spaccio “calda” del parco giochi di San Giorgio.
La versione al gip: "Era una mangiata"
L’immobile è stato localizzato dai carabinieri grazie a un incrocio di dati e riscontri investigativi. Poi i militari hanno bloccato ogni via di fuga e hanno deciso di entrare in azione. Inutile il tentativo di alcuni degli indagati di ritardare l’entrata dei militari andandogli incontro per dare il tempo ai complici di liberarsi dell’arsenale lanciandolo da un terrazzino. I carabinieri avevano infatti anticipato ogni mossa e recuperavano le armi in pochi secondi.
Il gip in sede di convalida non ha creduto alla versione dei 7 indagati maggiorenni che hanno raccontato di essere a Campo di Mare per una «mangiata con gli amici». Solo che invece del barbecue si erano portati le pistole cariche.