il caso
Da Milano a Catania in più di tredici ore: se l’odissea viaggia in treno
Intercity in ritardo bloccato a Villa San Giovanni: per risparmiare sui costi ha dovuto aspettare altri due convogli dal Nord
Il rientro in treno per le festività pasquali si è trasformato in un’odissea notturna per un nutrito gruppo di siciliani desiderosi di riabbracciare la propria terra.Partiti giovedì alle 14.30 da Milano, il treno Intercity 9639 prometteva un arrivo a Villa San Giovanni alle 22.45, preludio al tanto agognato sbarco in Sicilia. Ma il viaggio, intriso dell’attesa e della gioia del ritorno, si è presto tinto di frustrazione e stanchezza. Un ritardo di quasi un’ora ha subito incrinato le aspettative. Durante il tragitto, la preoccupazione serpeggiava tra i passeggeri, molti dei quali diretti a Messina e oltre, facendo affidamento sull’aliscafo Blujet incluso nel biglietto ferroviario.Le rassicurazioni del personale di bordo, purtroppo, si sono rivelate vane. Egle Taccia, portavoce visibilmente provata dalla disavventura, racconta di un’attesa estenuante una volta giunti a Villa San Giovanni, in Calabria.

L’aliscafo c’è ma non parte
Nonostante l’aliscafo fosse lì, immobile nel buio, i passeggeri del treno 9639 sono stati lasciati al freddo per oltre un’ora, in attesa dell’arrivo di altri due convogli provenienti dal nord.Una logica di “ottimizzazione” che ha scaricato sui viaggiatori la sua inefficienza, trasformando l’attesa in un supplizio. Solo alle 01.12 di venerdì mattina, con un ritardo ormai incolmabile, i passeggeri hanno finalmente potuto salire a bordo dell’aliscafo. Lo sbarco a Messina all’1.30 è stato solo un ulteriore passo verso un ritorno a casa sempre più lontano. Per Egle e altri catanesi, la stazione centrale di Catania è stata raggiunta solo alle 3 del mattino, ore dopo quanto previsto, con la stanchezza a fare da sgradito compagno di viaggio. Questa disavventura pasquale, purtroppo, non rappresenta un evento isolato, un’anomalia nel sistema dei trasporti. Al contrario, incarna la difficile e spesso frustrante realtà che molti siciliani costretti a vivere e lavorare lontano dalla propria isola si trovano ad affrontare ogni volta che desiderano fare ritorno. Il legame viscerale con la Terra natia si scontra con una distanza geografica che appare incolmabile, esasperata da collegamenti infrastrutturali che troppo frequentemente rivelano le loro profonde lacune e la scarsa attenzione verso le esigenze di chi vive “fuori sede”. La prospettiva di accorciare le distanze attraverso il trasporto aereo, sebbene allettante sulla carta, si infrange contro la barriera di costi spesso proibitivi, trasformando un diritto fondamentale come il ritorno a casa in un privilegio per pochi. In questo scenario, l’odissea notturna vissuta dai passeggeri del treno 9639 e dell’aliscafo Blujet non è semplicemente un racconto di disagi e inconvenienti di viaggio. Si erge a simbolo di una distanza più profonda, una distanza tra le esigenze di chi ama la Sicilia ma è costretto a viverla da lontano e la capacità, o la volontà, di garantire collegamenti efficienti e dignitosi.La speranza è che storie come quella di Egle e degli altri passeggeri possano finalmente scuotere le coscienze e sollecitare interventi concreti e lungimiranti, affinché il ritorno a casa, per ogni siciliano, non sia più un’estenuante prova di resistenza, ma un sereno e gioioso ricongiungimento con la propria terra. Fino ad ora purtroppo le politiche per limitare i disagi del caro tariffe aeree si sono dimostrate insufficienti e anche il Sicilia Express – il cui esperimento natalizio è stato ripetuto anche a Pasqua – da solo non basta per via dei pochi posti a disposizione con i biglietti peraltro andati a ruba in poche ore.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA