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L'inchiesta "Centauri"

«Dietro alla sparatoria di Librino ci fu anche altro»

Il collaboratore: «Ci si contendeva il controllo delle piazze ma bisognava lavare l’onta per ulteriori questioni di donne»

Di Concetto Mannisi |

Non ci furono soltanto il pestaggio di Gaetano Nobile e quello del figlio di Roberto Campisi, con conseguente sfregio compiuto ai danni della sala scommesse del Passarello (pistolettate verso la saracinesca dell’attività riconducibile a un parente dell’emergente Salvuccio Lombardo, figura di primo piano del clan Cappello), alla base del sanguinoso scontro a fuoco del viale Grimaldi 18 dell’8 agosto del 2020. Quello per cui, appena pochi giorni fa, sono finiti in manette anche “Giovanni cammisa” Di Stefano e Giuseppe Auteri “di Palagonia”.

Il collaboratore di giustizia

A raccontarlo ai magistrati della Procura (l’aggiunto Ignazio Fonzo e il sostituto Alessandro Sorrentino) nonché ai carabinieri del Nucleo investigativo del comando provinciale è stato il collaboratore di giustizia Carmelo Liistro, fronte clan Cappello: «Cursoti milanesi e cappelloti – chiarisce Liistro – erano in fibrillazione da tempo, perché si contendevano il controllo delle piazze di spaccio nella parte alta del viale Mario Rapisardi e nella zona del corso Indipendenza. Piazze di spaccio in cui, secondo il boss dei “milanesi” Carmelo Distefano, doveva essere smerciata, anche dai rivali, soltanto la droga venduta da lui. Inoltre, nel tempo, c’erano state svariate questione di donne. A cominciare dalla relazione che Nuccio Balbo (cappelloto, ndc) aveva avuto con una parente stretta di Carmelo Distefano e dalla separazione con non poca maretta fra un cursoto difeso dallo stesso Melo Distefano e una parente stretta di Giovanni Pantellaro (figura di primo piano del clan Cappello).

Il pestaggio

A questi episodi se ne aggiungono degli altri: il pestaggio da parte di Gaetano Nobile a un cugino del Distefano, che a seguito di tale episodio riportò danni permanenti alla vista; e l’aggressione da parte di un cursoto milanese a un parente di Salvuccio Lombardo, dopo un incidente stradale che aveva visto coinvolta proprio la madre dell’aggressore».Liistro racconta pure che prima della guerra del viale Grimaldi il clan Cappello si spaccò fra chi voleva un incontro chiarificatore e chi voleva andare allo scontro duro. Alla fine prevalse la “linea dura” con tutto quello che ne conseguì.

Gli scooter in fila

Mentre i quattordici scooter targati Cappello procedevano verso Librino e San Giorgio, incrociarono pure uno dei fratelli Sanfilippo, che in sella a una moto potente riuscì a fuggire e a fare scattare l’allarme suonando il clacson all’impazzata. In tali frangenti uno degli scooter, che procedeva a velocità più che sostenuta, andò a collidere con una “Fiat Seicento”: i due centauri riportarono delle ferite e per questo abbandonarono il corteo. Tornando ai recenti arresti del Di Stefano e dell’Auteri, i due – assistiti dagli avvocati Salvatore Leotta e Salvatore Pappalardo – sono stati sottoposti a interrogatorio di garanzia da parte del Gip ma si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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