Era in mano ai catanesi uno dei reparti del carcere Pagliarelli di Palermo: così gestivano la sezione «Ionio»
Il profilo di uno degli arrestati, considerato perno dei traffici con cellulari e droga
Uno dei reparti del carcere Pagliarelli di Palermo sarebbe stato in mano ai catanesi. Il “capo” sarebbe stato Antonio Nigito, che con il supporto organizzativo del “braccio destro” Alex Di Vita, avrebbe gestito gli affari loschi della sezione Ionio (sic!) dietro le sbarre.
Principalmente il business era quello dei telefonini e della droga, che riusciva a entrare nell’istituto penitenziario grazie alla complicità di agenti infedeli. Infatti tra le contestazioni c’è quello della corruzione. «Allo ionio comandano i catanesi», affermava un detenuto intercettato grazie alle cimici piazzate nella casa circondariale, che aggiungeva: «Comanda… coso… Nigido, come si chiama?».
Il catanese sarebbe stato ai vertici - lo scorso autunno - di un’organizzazione criminale in piena regola con ruoli e gerarchie che avrebbe operato all’interno della casa circondariale palermitana. Nigito non è un personaggio qualsiasi della criminalità catanese. Lo certifica lui stesso, quando intercettato in carcere dice: «Io ho 50 anni e 4 figli maschi e ho fatto sempre questa vita! Tu qua dentro non ce la fai a stare! Io si! Eh! Però ti garantisco che se io faccio una cosa sono ’’assai” i detenuti che mi vengono “appresso” (che lo seguono ndr), “a scummissa misa?”».
Nigito è stato scarcerato il 23 ottobre scorso. Era ai domiciliari con il braccialetto elettronico. La sua casa è in via Capo Passero, uno dei fortini della cocaina più movimentati della città. Nigito fu arrestato nel 2015 in “Final Blow”, l’operazione che mise un freno al clan dei Cursoti Milanesi a trazione Carmelo Di Stefano, quello coinvolto nella sparatoria del viale Grimaldi di cinque anni fa.
Ultimamente ha parlato di lui il pentito Salvatore Scavone ‘pop corn’. L’ex reggente dei Nizza (gruppo militare dei Santapaola) ha dichiarato che Nigito avrebbe una piazza di spaccio vicino alla sua abitazione di Trappeto nord.
Contestate le accuse
Martedì a Palermo ci saranno gli interrogatori di garanzia davanti al gip. Nigito, difeso dall’avvocato Francesco Marchese, è pronto a contestare le accuse per traffico di droga in carcere. Lo stesso può dirsi per Di Vita, assistito dall’avvocato Salvatore Pappalardo. Discorso diverso invece per i telefonini, ma vedremo come risponderanno alla giudice Claudia Resini.
Di Vita era in libertà da poco più di un mese: ha finito di scontare la condanna per l’operazione “piazza pulita”, quella dello spaccio al Tondicello della Plaia, con qualche collegamento - ma non confermato dalle sentenze - con i Cappello-Bonaccorsi.
Nel blitz di venerdì mattina, i carabinieri hanno trovato sostanze stupefacenti e soldi a casa di Alex De Vita. Precisamente 4,7 chili di cocaina e oltre 200 grammi di crack. Il sequestro ieri è stato convalidato. Un chilo di droga era in un pensile della cucina dentro un sacco insieme a cinque proiettili. Quattro panetti di cocaina erano invece all'interno di un pouf nella camera da letto. Ieri mattina, sul ritrovamento della droga, l’indagato ha affrontato l’interrogatorio di garanzia davanti al gip etneo spiegando che non sapeva cosa contenesse il sacco che gli era stato dato da poco in custodia e che avrebbe dovuto consegnare l’indomani.