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Etna, la nuova mappa del rischio per chi vive ai piedi del vulcano

Di Redazione |

ROMA – Alle pendici dell’Etna, le aree abitate nel corso della storia sono state inondate ripetutamente dai flussi di lava. Ma negli ultimi decenni la popolazione quasi triplicata nell’area intorno al vulcano. E negli ultimi 150 anni non sono mai stati valutati scientificamente i rischi per chi vive sui fianchi dell’Etna. Pertanto, i ricercatori del Laboratory of Technologies for Volcanology (TecnoLab) presso l’INGV di Catania hanno valutato e mappato il pericolo, l’esposizione e il rischio per fornire una visione generale di base dei potenziali impatti di eruzioni effusive sui fianchi del Monte. Etna. Ed è stata pubblicata la nuova mappa del rischio dell’Etna: basata su una simulazione che ha mostrato il percorso delle colate di lava, ha identificato il fianco sud-orientale come l’area esposta a più alto livello di rischio.

Il risultato si deve come detto al gruppo del TecnoLab dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv) di Catania, coordinato dal fisico Ciro Del Negro, che lo ha pubblicato sul bollettino della Società Americana di geologia, GSA Bullettin. «Il risultato è il più aggiornato possibile ed è coerente con le precedenti valutazioni» dice Del Negro. A seguito dell’aumento della densità della popolazione, che è quasi triplicata negli ultimi 150 anni, raggiungendo circa un milione di abitanti, e dell’espansione delle infrastrutture, le comunità che vivono alle pendici dell’Etna stanno diventando sempre più vulnerabili a subire conseguenze dall’attività vulcanica dell’Etna. Per questo i ricercatori hanno voluto identificare le aree a più alto rischio.

«Bisogna premettere – rileva Del Negro – che la pericolosità ci dice quali aree possono essere soggette alla minaccia del fenomeno vulcanico. Il rischio invece valuta sia la pericolosità, sia quante persone e beni possono essere esposte a quella minaccia».

I ricercatori del TecnoLab (Laboratory of Technologies for Volcanology) le hanno valutate utilizzando un approccio che ha combinato diversi tipi di informazioni: la probabilità che si aprano nuove bocche eruttive, l’attività storica dell’Etna, e la sovrapposizione degli eventuali percorsi della lava simulati con il modello Magflow. Questi dati sono stati incrociati con le informazioni su infrastrutture e centri abitati presenti alle pendici dell’Etna raccolti sui portali web istituzionali e dalle immagini satellitari.

La mappa del rischio risultante mostra che la zona esposta al livello di pericolo maggiore è la disabitata Valle del Bove, mentre la zona più a rischio è la costa orientale, dove c’è una maggiore densità abitativa. Combinando la posizione dei principali centri abitati sull’Etna con quelli in cui il rischio è elevato, è stato identificato il fianco sud-orientale come il settore con il più alto livello complessivo di rischio dovuto alle eruzioni effusive, che producono colate di lava.

«Nella Valle del Bove – spiega Del Negro – la pericolosità è molto alta. Però, siccome è disabitata e quindi non ci sono infrastrutture, il rischio è basso. Nella zona sud, dove ci sono grossi centri urbani e infrastrutture, anche se la pericolosità potrebbe essere bassa, perché le colate possono raggiungerla con difficoltà, il rischio è molto elevato, perché basta una sola colata per fare danni».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA