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“Fece da intermediario per ingaggiare il killer”, ex assessore condannato

Alla fine di un processo abbreviato con diversi colpi di scena è arrivata la sentenza.

Di Laura Distefano |

Antonino Ardizzone è stato condannato a 18 anni e 8 mesi di reclusione per l’accusa di concorso nell’omicidio di Francesco Calcagno avvenuto nel 2017. Avrebbe fatto da intermediario per ingaggiare il killer Luigi Cassaro, di Licata, che poi eseguì l’agguato e che è stato già processato. Come si arriva a questa pena? All’ex assessore di Palagonia il gup Pietro Currò ha concesso le attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti. E inoltre c’è lo “sconto” del rito abbreviato. In realtà, il giudice ha accolto la richiesta del pm a 18 anni (Santo Distefano sostituì Marco Bisogni titolare dell’inchiesta, dopo l’insediamento al Csm). L’avvocato Francesco Panebianco aveva chiesto invece una perizia collegiale per determinare la capacità di intendere e di volere del suo assistito. L’imputato infatti prima confessò ai carabinieri tutto, raccontando una vera e propria trama da thriller. Ma poi ritrattò. Il gup ha disposto l’esame dei consulenti della procura e della difesa. Alla fine, dopo la camera di consiglio, oggi ha emesso in verdetto.

Ardizzone è stato condannato al risarcimento del danno nei confronti dei familiari, assistiti dall’avvocato Giuseppe Marletta. Il gup ha fissato una provvisionale di 25mila euro per ciascun parente della vittima. Dovrà versare 2.500 euro al Comune di Palagonia, rappresentato dall’avvocato Antonio Giuffrida. Le motivazioni arriveranno tra 90 giorni.

Ma cerchiamo di riavvolgere il nastro del film. Ardizzone sarebbe stato pressato dai parenti di Marco Leonardo, assassinato nel 2016 proprio da Calcagno, che cercavano vendetta. A quel punto avrebbe contatto esponenti della Stidda di Canicattì che assoldarono il sicario. I mandanti, indagati nella stessa inchiesta che portò in carcere l’ex assessore, sono stati stralciati.

Il difensore Francesco Panebianco è già pronto per il ricorso: “Rispetto la sentenza, pur non condividendone l’esito e attendo le motivazioni per valutare il perché non sia stata riconosciuta la parziale incapacità di intendere e volere dell’imputato che avrebbe cambiato radicalmente il quadro accusatorio sia in punto di diritto (sui capi di imputazione contestati) sia sull’attendibilità delle dichiarazioni autoaccusatorie rese da un imputato su cui entrambi i periti concordano che sia stato affetto da ansia panica, depressione grave e delirio secondario . C’è di buono che è ‘ stata esclusa la premeditazione che da sola avrebbe portato anche in abbreviato a 30 anni di reclusione e sono state riconosciute le generiche .COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA

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