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Giovanni Brusca, il boss è libero ma è polemica: «Resta un criminale». «Legge voluta da Falcone»

L'uomo che ha azionato il telefomando della strage di Capci ha finito i quattro anni di libertà vigilata dopo avere trascorso 25 anni in carcere

Di Redazione |

Giovanni Brusca, il boss corleonese che ha confessato 150 omicidi e che è ritenuto l’uomo che ha premuto il tasto del telecomando della strage di Capaci, è libero. Così come previsto dalla legge sui collaboratori di giustizia, finiti i quattro anni di libertà vigilata, e ora libero e continuerà a vivere sotto falso nome in una località protetta. La notizia ha però suscitato molte reazioni.

Maria Falcone: dolore, ma è la legge

«Come cittadina e come sorella, non posso nascondere il dolore e la profonda amarezza che questo momento inevitabilmente riapre – ha detto Maria Falcone, la sorella di Giovanni -. Ma come donna delle Istituzioni sento anche il dovere di affermare con forza che questa è la legge. Una legge, quella sui collaboratori di giustizia, voluta da Giovanni, e ritenuta indispensabile per scardinare le organizzazioni mafiose dall’interno». Brusca ha ricordato Maria Falcone «ha beneficiato di questa normativa, ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia che ha avuto un impatto significativo sulla lotta contro Cosa Nostra». «Le confessioni di Brusca – ha aggiunto Maria Falcone – hanno contribuito all’arresto di numerosi mafiosi e alla confisca di beni illeciti. Tuttavia non si può ignorare che la sua collaborazione non è stata, su ogni fronte, pienamente esaustiva. In particolare, rimane tuttora un’area nebulosa quella riguardante i beni a lui riconducibili, per i quali la magistratura ha il dovere di continuare a indagare e chiarire ogni dubbio: colpire i mafiosi nei loro interessi economici è la pena più dura, privarli del denaro è ciò che li annienta davvero».

Grasso: evitare le reazioni di pancia

«Il mio giudizio personale, come sorella di Giovanni Falcone – ha sottolineato – oggi rimane distinto da quello istituzionale. Brusca è autore di crimini orrendi, come il rapimento e l’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito, che fu tenuto prigioniero per 779 giorni e poi strangolato e sciolto nell’acido e non trovo parole per esprimere il mio dolore e rabbia personale che altrettanto e ancora più grande sarà da chi ha subito questi orrori. Ma proprio per questo, oggi rinnovo il mio impegno, e quello della Fondazione che porta il nome di Giovanni, a continuare a lavorare per il rispetto della legge, fondamento della nostra democrazia».

«Lo so, la prima reazione alla notizia della liberazione di Brusca è provare rabbia e indignazione – ha detto Pietro Grasso ex procuratore nazionale antimafia e presidente della Fondazione scintille di futuro nonché ex presidente del Senato -. Vale per tutti, anche per me. Ma dobbiamo evitare reazioni di pancia e ragionare insieme. La legge per cui ora, dopo 25 anni di carcere e 4 di libertà vigilata, è considerato libero l’ha voluta Giovanni Falcone, ed è la legge che ci ha consentito di radere al suolo la cupola di Riina, Provenzano e Messina Denaro, che negli anni ‘80 e ‘90 ha insanguinato Palermo, la Sicilia, l’Italia».

«Grazie ai segreti confessati da Brusca infatti abbiamo potuto evitare altre stragi, incarcerare centinaia di mafiosi e condannarli a pene durissime e centinaia di ergastoli. Ripeto – aggiunge Grasso – quello che ho detto quattro anni fa: con Brusca lo Stato ha vinto tre volte: quando lo ha catturato, quando lo ha convinto a collaborare e ora che è un esempio per tutti gli altri mafiosi. L’unica strada per non morire in carcere come Riina, Provenzano e Messina Denaro – prosegue Grasso – è collaborare con la giustizia. Certo è che se mai dovesse commettere un qualsiasi tipo di reato non avrà alcuno sconto. Quello che mi preoccupa, e dobbiamo vigilare che non accada mai, è che si rischia di concedere benefici a chi, come Graviano, non ha mai collaborato. Il modo in cui uno Stato onora le vittime – conclude Grasso – è contrastando la mafia e cercando di sconfiggerla con tutte le forze e con tutta la forza del diritto».

Morvillo: sarà libero ma resta criminale

«C’è poco da dire: la legge è questa – ha commentato Alfredo Morvillo, fratello di Francesca, la moglie di Falcone – in positivo o in negativo. È una vicenda – aggiunge – che sta nell’ordine delle cose. Ha scontato la pena, ha usufruito del trattamento previsto dalla legge per i collaboratori. Dico solo che, anche da uomo libero, resta un criminale».

Tina Montinaro: resta un criminale

«Ho appreso la notizia della liberazione definitiva di Giovanni Brusca. Lo so bene che è stata applicata la legge ma sono molto amareggiata. Ritengo che questa non è Giustizia né per i familiari né per le persone per bene. A distanza di 33 anni i processi continuano e noi familiari non sappiamo la verità. Credo sia indegno che Brusca, per quanto abbia avuto accesso alla legge sui collaboratori di giustizia sia libero. Mi aspetto che la città si indigni dinanzi a questa notizia. Se è vero che è cambiata. Ritengo che non si possa rimanere indifferenti» ha detto Tina Montinaro moglie di Antonio, caposcorta del giudice Falcone, rimasto ucciso nella Strage di Capaci.

La rabbia dell’autista di Falcone

«Queste persone che hanno ucciso anche bambini non dovrebbero uscire più di prigione. Sono molto amareggiato. Essere scarcerati dopo 25 anni e magari con qualche vitalizio. E’ un premio? Dovrebbero uscire dalla tomba anche Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Antonio Montinaro Rocco Dicillo. E invece adesso Brusca ce l’abbiamo in giro. Viva l’Italia. Ecco, adesso festeggiamo la liberazione» ha invece commentato Costanza, l’autista di Giovanni Falcone.

«E’ vero, la legge va applicata – aggiunge Costanza – ma io su questo è meglio che non mi pronuncio. Ribadisco che quando ci sono stragi con tante persone uccise, ci dovrebbero essere giudici più consapevoli. Perché non è corretto che lui sia un uomo libero. Brusca ha scontato 25 anni di detenzione ma chi è morto non torna più in vita».

La mamma di Claudio Domino

«Con tutto il rispetto per il dottor Falcone questa legge va modificata. Quando il giudice fece questa legge non c’erano stati stragi così eclatanti né bambini sciolti nell’acido, se fosse stato vivo sono sicura che anche lui l’avrebbe modificata. La collaborazione non può e deve cancellare certi atroci delitti, le leggi non devono essere fatte solo a favore dei carnefici ma delle loro vittime innocenti, questa io la chiamo trattativa Stato -mafia» ha detto Graziella Accetta, la madre del piccolo Claudio Domino, il bimbo di 11 anni ucciso il 7 ottobre 1986 a San Lorenzo, in una strada che oggi porta il nome del bambino.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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