Clan
Gli spari nella stalla dopo una corsa di cavalli, un pentito a Catania racconta
‘U cardunaru dallo scorso giugno ha deciso (o meglio deciso per la seconda volta dopo un breve ripensamento) di diventare collaboratore di giustizia
Non ci sono i giri vertiginosi di scommesse dei tempi di Angelo Santapaola con il suo Tempesta, ma le corse clandestine di cavalli attirano ancora i boss dei clan catanesi. I giovani rampolli delle famiglie mafiose che “utilizzano” le competizioni illegali come anche mezzo di esaltazione del potere criminale. E nel frattempo intascano le vincite delle scommesse. Una filiera di soldi sporchi che però è stata sempre difficile da ricostruire a livello investigativo. Qualche input però potrebbe arrivare dall’esponente dei Cappello Michele Vinciguerra, ‘u cardunaru, che dallo scorso giugno ha deciso (o meglio deciso per la seconda volta dopo un breve ripensamento) di diventare collaboratore di giustizia. Il 56enne è un affiliato storico della cosca: «Ho cominciato a far parte del clan Cappello nel 1992, dopo la mia scarcerazione, dichiarandomi nel gruppo di Lorenzo Marsengo, ucciso a Palagonia nel 1992».
E nei suoi primi interrogatori racconta alla pm Tiziana Laudani, che ha coordinato l’inchiesta antidroga Kynara che alcuni mesi fa lo ha riportato in carcere, una storia legata proprio alle corse clandestine che coinvolge il nipote Giuseppe Condorelli («si occupava con me del traffico di sostanze stupefacenti»).In una stalla, l’estate di due anni fa, sarebbe scoppiato il putiferio. E sarebbero state utilizzate anche pistole. Un proiettile avrebbe colpito il giovane nipote. Ma Vinciguerra non avrebbe mai saputo chi fosse stato a sparare. Forse un’omissione programmata per evitare una guerra.
«Mio nipote – ricostruisce il pentito – è stato attinto da un colpo d’arma da fuoco alla gamba nell’estate 2021 o 2022. Non sono riuscito a sapere chi è stato. So che c’è stata una rissa sfociata all’interno di una stalla ubicata al cortile Doberdò a seguito di una corsa clandestina di cavalli in cui era coinvolto mio nipote. Si è trattato di una lite tra ragazzi e non si è saputo il nome perché si sarebbe scatenata una guerra successiva. Ho chiesto anche a mio nipote Giuseppe Pierino (un altro, ndr) che si occupa di corse di cavalli se si sapesse il responsabile ma non è mai emerso il nome». Le parole che seguono sono coperte da omissis, poi Vinciguerra riprende parlando che «sasizza (di cui non ricordo il nome) in occasione della rissa si sarebbe sparato da solo per sbaglio. Ma in realtà non ho notizie certe». Un piccolo squarcio si è aperto nei business illeciti delle scuderie in odor di mafia.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA