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Il gennaio “caldo” di Galvagno: come ha reagito l'ex presidente Ars quando i pm hanno chiesto una proroga alle indagini per corruzione

Così l’ex portavoce si attivò per definire i contorni del caso

Laura Distefano

04 Luglio 2025, 12:44

galvagno

«Ti ho fatto iniziare la giornata di merda…». È il 28 gennaio 2025. A parlare è Sabrina De Capitani. Il buongiorno poco felice è per Gaetano Galvagno, presidente dell’Ars. L’ex portavoce commenta con il pupillo di Ignazio La Russa la proroga di indagine che le è stata notifica qualche settimana prima.

I due parlano a voce bassissima, le cimici piazzate nella casa palermitana del meloniano non riescono a captare tutte le frasi pronunciate. A chi ascolta pare i due facciano dei nomi, ma rimane tutto incomprensibile. Il rompicapo è un po’ quello di cercare di capire chi siano i nomi degli altri indagati e più che altro comprendere i reati contestati, anche se nell’atto è specificato che si tratta di corruzione. ù

Le identità misteriose

Un po’ quello che sta succedendo in questi giorni sotto l’ombrellone: dove invece del cruciverba si cerca di risolvere l’identità misteriosa di chi si nasconde dietro Uomo6, Uomo118, Donna15. Anche i giornalisti hanno fatto delle ipotesi. Molti sono convinti che Uomo6 sia l’ex assessore regionale al Turismo, Manlio Messina. Che però - contattato da “La Repubblica” - ritiene di non essere lui il politico citato nelle carte. Nonostante questo, Messina non smentisce che potrebbe aver presentato Marianna Amato (la segnalata di Uomo6) a Galvagno qualche anno fa. Altre ricostruzioni fatte dalla stampa incrociando bene alcuni dati si sono rilevate però errate.

De Capitani intanto rassicura Galvagno, preoccupato: «Non siamo intercettati». Le fonti della “califfa” a quanto pare non sarebbero così precise.

Che l’inchiesta sia cominciata da Cannes le è ben chiaro - anche se l’ex portavoce pensa che «finirà perché ovviamente non c’è niente» - così come le è chiaro il dato che le indagini ruotino attorno la “galassia Dragotto”. La vicepresidente della fondazione, Marcella Cannariato avrebbe raccontato a De Capitani di aver ricevuto un controllo dalle fiamme gialle.

Le notizie raccolte dalla ex portavoce però sono imprecise: «C’è La Ferlita (Nuccio, uno dei più importanti imprenditori di eventi musicali in Sicilia, ndr) insieme a Cinquemani (Giuseppe, assistente parlamentare, ndr) e te… e io Dragotto, Cinquemani e te (Galvagno, ndr)», racconta De Capitani al presidente Galvagno. Ma invece la comunicatrice nel capo d’accusa di La Ferlita c’è. E c’è anche il giornalista Salvatore Pintaudi. I protagonisti, in quel periodo, però sembrano convinti che non vi sia. Forse ancora l’avviso non era arrivato. Uno scenario possibile. A La Ferlita, ad esempio, è stato notificato a maggio.

Mese turbolento

Gennaio scorso, quindi, è un mese turbolento per Galvagno e il suo staff. La portavoce suggerisce al presidente dell’Ars di confrontarsi con una «tipa». Questa volta pare una fonte più informata: «Puoi andare a parlare con la “tipa”, stamattina mi ha detto che c’era dentro la Amato…».

Ed ha ragione. Marianna Amato è indagata per corruzione: avrebbe ricevuto delle consulenze per alcuni eventi organizzati dalla Fondazione Dragotto e finanziati con fondi regionali. De Capitani, dopo la visita dei finanzieri, si confida con il marito: «Sono stata fino a poco fa con il legale di Gae, le ho dovuto raccontare tutta la storia, in quanto lui è agitatissimo e allora lei lo ha tranquillizzato».

L’ex portavoce spiega che le indagini riguardano il quadro regalato da Omar Hassan a Patrizia Monterosso. E in effetti alle due donne è stato notificato un avviso di conclusione indagini per la vicenda della Fondazione Federico II. Per la comunicatrice di Monza ci sarebbe stata «una soffiata» da parte di qualcuno a cui sarebbe stato impedito di fare una mostra all’Ars.

Il decreto di sequestro finisce nelle mani di Cinquemani. L’assistente parlamentare si attiva con alcune persone per approfondire chi siano gli altri indagati: ma dall’altra parte della cornetta c’è qualcuno che non sa nulla. Serviva aspettare qualche settimana, il tempo di acquisire gli atti al Tribunale del Riesame. E da lì si è aperta la voragine.