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Il caso della piccola aurora
La bimba morta al Cannizzaro, arriva l’archiviazione per i medici: il papà «Nostra figlia valeva così poco?»
I genitori non hanno mai smesso di interrogarsi e si sono affidati a nuovi legali per continuare a "lottare"
Non c’è stata alcuna responsabilità medica per la morte della bimba nata prematura all’ospedale Cannizzaro il 16 luglio 2022 e morta l’11 agosto con il sospetto di avere contratto un batterio, il serratia marcescens. Il Gip Luigi Barone ha archiviato il procedimento nei confronti degli 11 medici indagati che avevano preso in carico la piccola paziente e la mamma.
Tutto inizia nel 2022
Quella della piccola Aurora e dei suoi giovani genitori che vivono ad Acireale, sembrava una storia dimenticata. La rabbia per quel qualcosa andato storto, il dolore per la grave perdita e la decisione maturata con il tempo di fare piena luce sul decesso. A settembre di quell’anno madre e padre – assistiti da uno studio legale veneto – presentano una denuncia ai carabinieri del Nas e la procura apre l’inchiesta come atto dovuto per poter espletare gli accertamenti irripetibili. Dopo la riesumazione del cadavere della bimba sepolta al cimitero di Acireale e l’autopsia eseguita dal medico legale Cristoforo Pomara, alla richiesta di archiviazione del pm Fabio Saponara titolare del fascicolo, l’avvocato della famiglia non si oppone. E si arriva alla decisione del Gip di qualche giorno fa.
La posizione dell’ospedale
«Considerato che il decreto di archiviazione è stato notificato da pochissimo tempo – fa sapere l’ospedale a La Sicilia – e che i corposi atti, anche di centinaia di pagine, meritano un’attenta e approfondita lettura, l’azienda ospedaliera Cannizzaro al momento non ritiene di potere intervenire».
I genitori tentano la strada della giustizia civile
Ma i genitori in tutto questo tempo non hanno mai smesso di interrogarsi e si sono affidati a nuovi legali – gli avvocati Emanuele Gullo e Francesca Carrabba – per assumere ogni iniziativa legale volta a fare luce sul caso e a ottenere giustizia nell’ipotesi in cui dovessero ravvisarsi margini di responsabilità.
La via crucis di madre e padre
«Tutto è cominciato a luglio 2022 – ricostruisce a La Sicilia visibilmente ancora provato il papà di Aurora – ci rechiamo in ospedale Cannizzaro per un distacco di placenta quasi all’ottavo mese, la bambina nasce e viene portata in Utin per prassi. Ci avevano rassicurato che il tempo di aumentare di peso di qualche grammo Aurora sarebbe tornata a casa. Per i primi 10 giorni va tutto bene, da lì in poi il calvario. Ci iniziano a dire che forse ha contratto un’infezione, va sempre a peggiorare, trasfusioni di plasma, sangue, antibiotici e quant’altro. L’11 agosto nostra figlia muore per sepsi. Venti giorni di buio assoluto poi decidiamo di fare denuncia ai Nas. Nel frattempo facciamo richiesta di una copia della cartella clinica e leggendo le prime pagine, ci accorgiamo che la bambina aveva contratto quattro batteri non uno come ci avevano detto: serratia marcescens, staphylococcus, enterobacteriaceae e kpc tutti batteri che in un ambiente teoricamente totalmente asettico non devono esistere». «Siamo stati contattati da un’agenzia di Venezia con sede nelle varie città che ci proponeva l’aiuto economico, penale e civile per poter affrontare tutta la faccenda. Viene fatta l’autopsia, vengono fatti tutti gli esami richiesti, fin quando dopo un anno viene richiesta l’archiviazione. Inspiegabilmente il nostro avvocato non ha fatto opposizione e non ci ha comunicato quello che stava succedendo. Ha fatto scadere i 20 giorni di reclamo all’opposizione, dandoci dopo qualche mese come scusa il fatto che non ci fosse responsabilità medica e che quindi potevamo procedere solo in sede civile».
La strada del risarcimento
Per madre e padre inizia un altro incubo. «Decidiamo di cambiare legali e contattiamo anche un noto avvocato a Roma, ma purtroppo il suo onorario non poteva mai rientrare nel nostro budget da operai, al momento in disoccupazione per lavoro stagionale. Ed è così che ci affidiamo ai due avvocati di Catania in cui vediamo un filo di onestà. Ci siamo recati anche in procura cercando un confronto con il pubblico ministero, ma ci hanno solo detto che il caso è archiviato. Non riusciamo più a trovare pace. Nostra figlia valeva così poco? Perché il pm non ha fatto le giuste indagini, quando noi abbiamo dichiarato la presenza di quattro batteri? E ha preservato solo la responsabilità medica? Perché hanno voluto chiudere tutto così?». Adesso tocca alla giustizia civile. Anche se non sarà un risarcimento economico a restituire a madre e padre la loro Aurora.