La disperazione di una vittima del pizzo: «Vi potete prendere la panineria, sono consumato»
All'uomo, anche durante il Covid, erano stati chiesti 3.000 euro all’anno
Giovanni Nizza, detto Banana, riusciva attraverso la moglie Maria Rosaria Nicolosi a comandare nonostante il carcere. Chiamate dal cellulare. Gli ordini alcune volte passavano anche dalle videocall autorizzate dalla casa circondariale. Poiché accanto ai familiari capitava ci fossero anche affiliati che aggiornavano il “capo” degli affari del clan. Insomma dei «veri e propri summit da remoto», come ha detto la pm Lina Trovato che con il sostituto procuratore Rocco Liguori ha coordinato le indagini culminate nel blitz Naumachia, scattato ieri mattina.
L’operazione dei carabinieri rappresenta un po’ la continuazione delle inchieste Carthago I e II che riuscirono a far crollare il fortino criminale creato dai fratelli Nizza (Daniele e Andrea sono al 41bis, Fabrizio è collaboratore, Giovanni è dietro le sbarre da tempo come Turi). «Era un impegno che c’eravamo presi nel 2016 e lo abbiamo portato a termine», ha detto il procuratore aggiunto Agata Santonocito.
Ma nemmeno avere un pentito all’interno della famiglia ha fermato il potere criminale dei Nizza: l’operazione ha cristallizzato assetti, ferite e riorganizzazioni che si sono susseguiti dal 2020 al 2023. E nello scacchiere del comando ci sono stati uomini di peso dei Santapaola-Ercolano: Franco Magrì e Rosario Lombardo (che l’anno scorso è deceduto). Ma quando questi sono finiti dietro le sbarre le redini sono state affidate a giovani rampanti, come Salvatore Scavone - legatissimo al defunto Saro ‘u rossu - che poi ha deciso di entrare nel programma di protezione causando un vero e proprio terremoto all’interno di Cosa Nostra. A gennaio 2022 ha condotto i carabinieri nei depositi di potenti arsenali. Mitra e bombe a mano: armi da fare invidia a un esercito.
Ieri sono finiti in manette 36 persone, tra queste c’è Tony Trentuno (genero dell’ergastolano Lorenzo Saitta del gruppo di San Cocimo) con cui i rampolli dei Nizza hanno avuto qualche tensione (approfondimento nell’articolo sotto). È Giovanni Nizza con la sua famiglia, la moglie e il figlio Natalino (già in carcere per l’accusa di omicidio ) il fulcro del blitz di ieri che è documentato in oltre 400 pagine di ordinanza firmata dal gip Pietro Currò. Giovanni Nizza per rimarcare il suo potere avrebbe addirittura fatto esporre uno stendardo con scritto “Banana” (il suo nomignolo) su una candelora durante i festeggiamenti di Sant’Agata del 2022. E nel 2023 sullo stesso cereo, quello dei pescivendoli, è stato fatto sedere il nipote del santapaoliano. «Un ruolo particolare l’ha avuto la moglie del boss: alla signora Nicolosi è contestato il reato di associazione mafiosa», ha detto il generale Salvatore Altavilla, comandante provinciale dei carabinieri.
Il clan avrebbe gestito ben 4 piazze di spaccio. E in un momento di particolari problemi per l’acquisto di droga si sarebbe arrivati alla proposta di siglare un accordo con il cappelloto Orazio Finocchiaro (anche lui destinatario della misura). Ma poi la cosa fallì: sarebbe stato davvero un affronto per i potenti Santapaola scendere a patti con i nemici giurati dei Cappello-Carateddi.
Le indagini hanno documentato anche l’ascesa di figli d’arte: oltre Natalino Nizza e Giovanni Magrì, anche Sam Privitera (figlio di Giovanni ‘u nacchiu). Anche quest’ultimo ha deciso di voltare le spalle alla mafia ed è diventato collaboratore. Un altro boccone amaro per i Nizza.
Oltre alla droga, c’era il pizzo. I soldi arrivavano alla “bacinella” e servivano a pagare gli stipendi agli affiliati (anche detenuti). Un paninaro, durante il Covid, avvisa gli esattori che non poteva più pagare i 3.000 euro all’anno. «Vi potete prendere la panineria, sono consumato», confessò il commerciante dopo varie ritorsioni. Alla fine, stranamente, i Santapaola hanno deciso di non insistere.