L'INCHIESTA
L’ inchiesta sulla tentata estorsione alla Brt di Catania: «La famiglia deve campare, noi dobbiamo mangiare»
Dalla denuncia del manager del colosso delle spedizioni sono partite le indagini
«Vieni a prenderti un caffè». Altro che invito. Era una vera e propria trappola. Il referente della Brt, ditta di spedizioni, è stato attirato con l’inganno a casa di Filippo Intelisano, 42 anni, finito ieri in manette assieme a Luigi Calabretta, 29 anni, Francesco Coppola, 50enne, e Virgilio Papotto, 53enne, per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. L’oggetto della discussione era la scelta dell’azienda di rescindere il contratto d’appalto con la Gifra srl che, seppur intestata a un’altra persona, per la procura sarebbe riconducibile a Intelisano, all’epoca – era l’estate del 2014 – agli arresti domiciliari perché indagato nell’inchiesta della procura europea “Ultimo Brindisi”.
Sono Coppola e Calabretta, dipendenti di Gifra, a portare il manager nell’abitazione di Intelisano. E qui sarebbero cominciate le minacce: «La famiglia è numerosa e deve campare, anche noi dobbiamo mangiare. La cosa più importante è la vita, che senso ha se uno viene ammazzato». La famiglia a cui si sarebbe fatto riferimento, sarebbe stata quella mafiosa di Pippo Intelisano, noto boss del clan Santapaola-Ercolano da tempo in carcere, che non avrebbe «approvato la decisione» dell’azienda di estromettere la ditta Gifra dagli affari. Se non avessero rettificato la decisione di revocare l’appalto di logistica, gli indagati avrebbero promesso pesanti ritorsioni, come furti e incendi ai corrieri.
Il rappresentante della Brt non si lascia piegare dalle intimidazioni e denuncia tutto alla squadra mobile spiegando che la risoluzione del contratto con la Gifra era il frutto di un’indagine interna che aveva portato ad accertare la mancanza di alcuni requisiti richiesti ai partner. E inoltre ha palesato la stranezza del fatto che il suo interlocutore non fosse mai il titolare formale dell’impresa di facchinaggio, ma Virgilio Papotto, cognato di Giuseppe Intelisano, e anche lui coinvolto nell’operazione sulla maxi evasione.
Dalle indagini, coordinate dalla pm Rosaria Molè, sono emerse le «reiterate pressioni intimidatorie e minacce gravi da parte di Papotto nei confronti dei rappresentanti locali dell’impresa di spedizione». Minacce che avrebbero avuto un duplice scopo illecito: «Ottenere la revoca della risoluzione del contratto di appalto di servizi stipulato o, in alternativa, la corresponsione alla società di una somma di danaro a titolo di un’indennità di buonuscita con richieste per appalti in altre regioni italiane». Le parole di Intelisano al vertice di Brt sarebbero state inequivocabili: «O rinnovi l’appalto, oppure è guerra».
Ma le intimidazioni sarebbero arrivate a più riprese anche dagli altri due indagati, Calabretta e Coppola, cognati di Filippo Intelisano. Le “pressioni” le avrebbe subite anche un altro manager del colosso delle spedizioni. In un’intercettazione dell’autunno dello scorso anno, Papotto, parlando con il manager manifesta i suoi sospetti segnalando «cose strane» che stanno avvenendo – forse aveva avuto sentore delle denunce – e lo avverte «non mi fate ‘ncucchiare i fili». Il cognato di Pippo Intelisano sarebbe arrivato addirittura a minacciare di «bloccare i corrieri».
«Il compendio indiziario acquisito comprova – scrive la gip Marina Rizza – in termini univoci e convergenti l’avvenuta, reiterata sequela di minacce materialmente rivolte dagli indagati, con il concorso morale di Pippo Intelisano, al fine di ottenere la revoca della risoluzione del contratto».COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA