Da imputato a vittima. È l’iperbole giudiziaria che vede protagonista un imprenditore che finì alla sbarra per riciclaggio nell’ambito dell’operazione antimafia Samael scattata nel 2020 e che poi nel 2023 fu assolto. L’interrogatorio di garanzia davanti al gip divenne poi la denuncia delle pressione e delle richieste estorsive che aveva subito dal clan Santapaola. Da quelle dichiarazioni è nata un’indagine parallela che ha portato al rinvio a giudizio di Salvatore Cesarotti, Salvatore Copia, Rosario Fisichella, Giuseppe Mangion conosciuto come “Enzo” , Salvatore Pezzino e Aurelio Quattroluni con l’accusa di estorsione. Gli imputati avrebbero costretto l’uomo, in qualità di amministratore di una società che avrebbe ricevuto negli anni 1989 e 1990 somme di denaro dai boss di Cosa Nostra, a consegnare somme di denaro ai due uomini d’onore Giuseppe Cesarotti (che è stato imputato nel troncone abbreviato e padre di Salvatore) e Lello Quattroluni.
L’imprenditore avrebbe ricevuto minacce di ritorsioni verso i familiari e i beni aziendali. Gli investigatori hanno stimato elargizioni di oltre 30.000 euro a favore dei boss di Cosa nostra.Cesarotti senior, in diverse occasioni nel 2017 – si legge nel decreto che dispone il giudizio – avrebbe spiegato al manager che aveva «investito denaro» nei terreni della società e ora avrebbe voluto rientrare dell’investimento. «Stai attento, le famiglie mafiose sono come la gramigna e non si possono sradicare», avrebbe detto alla vittima, aggiungendo che la sua famiglia veniva «da 150 anni di mafia». Giuseppe Cesarotti, già condannato nel processo Samael, inoltre ha organizzato nel 2018 un incontro in uno studio legale, in cui sarebbe stato presente Enzo Mangion, nel corso del quale avrebbe chiesto all’imprenditore di vendere alcuni terreni al fine di poter avere liquidità.
Mangion e Quattroluni (nelle foto) sono boss storici dei Santapaola. Mangion è figlio del defunto boss Francesco (“ciuzzu u firraru”) oltre che cognato di Aldo Ercolano (condannato per l’omicidio di Pippo Fava). Quattroluni è stato il reggente operativo a metà degli anni ’90, un capo invisibile e un killer spietato.
Ieri si è svolta l’udienza davanti alla prima sezione penale del Tribunale di Catania. C’era in programma l’esame della vittima, ma per una questione di acquisizione documentale dell’interrogatorio è stato rinviato al 25 giugno. Mancavano alcuni allegati che per le difese erano fondamentali per poter poi procedere per il controesame. La pm Raffaella Vinciguerra depositerà, ha annunciato, tutto il fascicolo dell’inchiesta Samael che portò a sequestrare il tesoretto creato da Cosa Nostra riciclando i soldi sporchi.