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La perquisizione a casa Contrada. Il pg: «Nasconde documenti». «Non è vero, è una persecuzione»

Di Redazione |

PALERMO – «Non mettere in disordine. I fascicoli, le carte e i libri me li sistemo io poco alla volta”: diceva Bruno Contrada, ex numero due del Sisde già processato per concorso in associazione mafiosa, al figlio a marzo scorso, non sapendo di essere intercettato. Il dialogo ha insospettito gli investigatori che indagano sull’omicidio dell’agente di polizia Nino Agostino. Di quali carte parlava Contrada?

E proprio per cercare i documenti a cui si riferiva l’ex capo della Mobile di Palermo che la Dia, su input della Procura generale che indaga sul delitto, ha deciso di perquisire la casa di Contrada e due immobili nella sua disponibilità.

«Esiste fondato motivo di ritenere – scrivono i magistrati della Procura generale di Palermo nel decreto di perquisizione – che Contrada abbia ancora la disponibilità di documenti (appunti, fotografie, atti ufficiali, files) riguardanti i suoi rapporti con Paolilli (poliziotto in passato indagato per il depistaggio delle indagini sul delitto Agostino ndr), Agostino stesso, Aiello (ex agente dei Servizi morto un anno fa ndr), nonchè del coinvolgimento di Agostino in attività di ricerca di latitanti ed altre attività extraistituzionali».

Di parere opposto l’avvocato Stefano Giordano: «Il nulla assoluto. Solo così si può commentare la perquisizione effettuata questa mattina a casa del mio assistito Bruno Contrada. Una persecuzione giudiziaria nei confronti di un uomo libero e innocente. Evidentemente qualcuno ha dimenticato la sentenza di un anno fa della Corte di Cassazione».

Gli investigatori hanno sequestrato alcune carte processuali, due album di foto del periodo in cui Contrada era a capo della Mobile di Palermo e un suo memorandum sull’omicidio Agostino. «’ un uomo anziano ma perfettamente lucido che su quanto avvenuto oggi è riuscito anche a fare dell’ironia – ha aggiunto Giordano – L’unica cosa che ha chiesto è che gli album gli siano restituiti il prima possibile: sono ricordi a cui tiene molto».

Contrada era stato condannato nel 2007 a dieci anni per concorso in associazione mafiosa. E nel 2015 – dopo che comunque Contrada ha scontato tutta la pena tra carcere e domiciliari – la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato lo Stato italiano a risarcire il funzionario perché il reato per cui era stato condannato – concorso esterno in associazione mafiosa – all’epoca dei fatti non era ancora previsto dall’ordinamento giuridico. Gli avvocati di Contrada hanno presentato istanza di revoca della condanna, respinta dalla Corte d’appello di Palermo, ma nel 2017 accettatta dalla Corte di Cassazione che ha annullato la decisione dei giudici di appello dichiarando la sentenza ineseguibile e improduttiva di effetti penali.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA


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