La protesta dei magistrati onorari: «Basta lavorare a cottimo»

Di Redazione / 19 Ottobre 2020

Si è conclusa la settimana che ha visto cinquemila magistrati onorari in astensione per protestare contro “una condizione lavorativa di matrice ottocentesca – si legge in un documento -, che li vede privi di qualsivoglia prerogativa giuslavoristica, retribuiti con un gettone di presenza mai indicizzato dal 2003, senza diritto alle ferie, senza alcuna contribuzione previdenziale da parte dello Stato e senza alcuna copertura in caso di malattia e maternità”.

“I magistrati onorari – si legge ancora nel documento – non sono solo servitori dello Stato, dallo Stato dimenticati, sono esseri umani che vivono con i proventi del lavoro prestato per la amministrazione della giustizia, e spesso per rincorrere il misero trattamento economico di un datore di lavoro “padrone”, si espongono a rischi privi di alcuna copertura assicurativa o assistenziale”.

I magistrato onorari hanno raccontato il caso del giudice onorario di Palermo, Giuseppe, 45 anni, padre di sei figli, coniugato con una insegnante, in servizio dal 2006, prima come requirente e, dal 2015, come giudicante, colpito dal Covid nei giorni scorsi, aggravatosi e ricoverato in ospedale con supporto respiratorio. “Il sistema a cottimo osteggiato dalla categoria e tanto valorizzato dalla politica degli ultimi decenni, non garantirà a Giuseppe alcuna retribuzione né indennità ordinaria di malattia, sino al rientro in ufficio”.

Le Associazioni di categoria hanno stigmatizzato le condizioni di lavoro in cui versano da anni i magistrati onorari, hanno informato puntualmente le Autorità sovranazionali delle conseguenze deteriori di lavoro che lo Stato-padrone persiste nell’imporre alla categoria, e hanno continuato a dolersi dinnanzi alla Commissione Giustizia del Senato, ove è in discussione l’ennesima proposta di riforma. Le argomentazioni sono sempre le stesse: affrancarsi da un anacronistico inquadramento, già fortemente destituito di apprezzamento dalla Commissione Europea nel 2016, allorquando ha chiuso negativamente per l’Italia la procedura EU Pilot, per incompatibilità della normativa nazionale con il diritto dell’Unione.

Un ulteriore sostegno alle ragioni della magistratura onoraria da parte degli organi transnazionali è pervenuto dalla Corte di Giustizia Europea che, con sentenza del 16.7.2020, ha riconosciuto lo status di lavoratori e magistrati europei, al pari dei magistrati professionali, a coloro che, definiti “onorari”, quotidianamente amministrano la giustizia accanto agli omologhi ordinari, con i medesimi doveri ma privi di qualsivoglia diritto.

Il paradosso invece è che secondo invece lo Stato italiano, Giuseppe, come tutti i magistrati onorari in servizio ormai da decenni, pronuncia sentenze “in nome del popolo italiano”, esercita le proprie funzioni magistratuali, in via esclusiva, dopo un regolare concorso per titoli eppure è un mero volontario. Ad esso, pervicacemente, come ai suoi colleghi, lo Stato nega ogni riconoscimento, anche economico, che garantisca autonomia e indipendenza in ragione della delicatissima funzione pubblica svolta, sino a mistificare la realtà ed ipotizzare, per legittimare il mantenimento dello status quo, un inquadramento del magistrato onorario quale libero professionista.

Tale è l’ultimo tentativo, realizzato prima con la riforma Orlando ed ora con la proposta del ministero Bonafede, di uno Stato padrone di eludere le maglie della normativa di stampo europeo e anche nazionale, che garantisce a chi presta un servizio a tempo pieno, con responsabilità tipiche dell’impiego pubblico, tutte le tutele del lavoratore. A questo magistrato onorario, in difficoltà non solo di salute, ma anche economica, in quanto completamente privo di assistenza per malattia e di retribuzione perché a cottimo, lo Stato-padrone risponderà semplicemente che, trattandosi di lavoratore autonomo, se la dovrà cavare da solo. E così replicherà anche i colleghi lui vicini e a tutti coloro che in questo momento drammatico sono costretti alla quarantena.

“A Giuseppe – si legge – auguriamo di guarire prima possibile, ma allo Stato italiano replichiamo che continuare a fingere la legittimità di una giustizia appaltata a lavoratori autonomi che autonomi non sono solo per mantenere in vigore una riforma a finanza invariata non impedirà l’avvio di una procedura di infrazione, ma soprattutto peserà come un macigno sulla coscienza di tutta la politica della maggioranza”.

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