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La Regione e l’immortalità di Partecipate chiuse da anni ma ancora “mangiasoldi”…

Di Mario Barresi |

È quasi spontaneo, quel rigurgito di nostalgia, quando da una delle 28 pagine sbucano le Aast. Le mitiche Aziende autonome di soggiorno e turismo (soppresse da una legge regionale di 13 anni fa), cartoline sbiadite di un’era godereccia della promozione di una Sicilia che non c’è più. O forse c’è ancora. Perché, a giudicare dalla prima relazione dell’Ufficio speciale per la chiusura delle liquidazioni, le aziende partecipate di “mamma Regione” sono ancora vive. E lottano insieme a noi. Fra procedure eterne, contenziosi infiniti, debiti insoluti e creditori indomiti. Oltre che costi (e sprechi) a tutt’oggi incalcolabili. Anche perché, per stessa ammissione della dirigente Rossana Signorino, nell’Ufficio speciale c’è una «carenza di personale» che rende ancor più ardua l’impresa di venire a capo del dossier partecipate.

Ma più che le vecchie care Aast, il vero simbolo dell’immortalità è l’Ente Acquedotti Siciliani (per il dettaglio si veda l’altro articolo della pagina), “soppresso” nel 2004, ma ancora in piena attività. Fra debiti, ingarbugliate obbligazioni assunte con Siciliacque (al 25% della Regione, ma di fatto gestita dai privati) e soprattutto 120 dipendenti transitati in un bacino dell’Eas e pagati tramite Resais. Una delle tante inestricabili giungle siciliane.

Ma quante sono le irriducibili highlander? Nel 2015 erano in vita 14 società. In quest’ultimo triennio, tre (Lavoro Sicilia, Sviluppo Italia Sicilia e Multiservizi) sono state dichiarate fallite, mentre le assemblee dei soci di altre sei (Sicilia Turismo e cinema, Sicilia e-innovazione, Quarit, Ciem, Siace e Sicilia&Ricerca) hanno deciso di avviare le procedure di fusione per incorporazione. Nel 2017, dunque, sono cinque le società partecipate in liquidazione iscritte nel registro delle imprese. Si tratta di Biosphera (la Regione detiene il 53,12%), Inforac srl (100%), Terme di Acireale (100%), Terme di Sciacca (100%) e Sicilia Patrimonio immobiliare Spa (75%).

La relazione si sofferma su Inforac, che ha in pancia Sicilia&Ricerca e Siace, «destinata a durare sino alla definizione dei suoi contenziosi e di quelli nei quali è subentrata per effetto delle fusioni». Tempo stimato: non pervenuto. Ancor più complicato il caso di Biosphera, il cui destino dipende dal riconoscimento di un debito dl Dipartimento regionale del Territorio. Il quale, con nota dello scorso 22 giugno, ha comunicato che «la variazione di bilancio richiesta per far fronte al debito non è stata riscontrata». In ballo c’è oltre un milione e mezzo: se Biosphera dovesse rinunciare «potrebbe andare incontro ad uno stato di insolvenza determinante ai fini di una eventuale dichiarazione di fallimento». Dunque, il liquidatore (nominato dalla Regione) ha «dichiarato l’intenzione di procedere per le vie legali contro l’Assessorato al Territorio».

La relazione dedica ampio spazio alle Terme. Su Sciacca (in liquidazione dal 2010) il dossier segnala, a bocce ferme, una perdita di 748 mila euro nel bilancio 2017, esprimendo «preoccupazione particolare» per lo stato dei beni termali «a seguito della prolungata inattività». In attesa che il Comune subentri in concessione, «nonostante le diverse sollecitazioni e i diversi incontri», non c’è ancora un verbale di consistenza dello stato dei luoghi. Uno stallo che arreca «ulteriore degrado» agli immobili, tant’è che l’Ufficio speciale suggerisce addirittura di «non giungere al perfezionamento del contratto di concessione con il Comune».

Sulle Terme di Acireale, in attesa del giudizio di responsabilità sull’ex liquidatore denunciato dal collegio sindacale al Tribunale delle imprese di Catania, pende la procedura esecutiva per un debito di 9 milioni. Ma la Regione vuole scongiurare la vendita dei beni (Hotel Excelsior ed edificio polifunzionale) e sta trattando con i creditori ai quali ha chiesto di depositare istanza di sospensione. Ma («purtroppo», annota l’Ufficio speciale) il 28 giugno il legale dei creditori, con una mail, ha chiesto alla Regione «una sorta di manifestazione d’interesse» per acquisire i beni (i fondi sono stanziati nell’ultima Finanziaria), passaggio impossibile «finché l’Agenzia delle Entrate non fornirà la valutazione ufficiale dei beni» chiesta dal dipartimento Finanze il 22 giugno. In ogni caso, l’ispettore giudiziario della società Terme di Acireale ha chiarito che «la situazione operativa della società è caratterizzata dalla presenza di una continua mancanza di liquidità che potrebbe aggravarsi in considerazione del protrarsi dei tempi necessari per la cessione dei beni immobili».

La relazione cita anche le partecipazioni minoritarie in Stretto di Messina (2,58%), Mediterranea Holding di Navigazione (30,33%, per il quale la Regione ha esercitato il diritto di recesso nel 2015 chiedendo 3,7 milioni a fronte di una stima di 1,2 milioni dei privati, ora sottoposta a verifica di congruità disposta dall’Ufficio speciale) e soprattutto la Cape-Regione Siciliana Sgr (49%), per la quale nella relazione si definisce la «situazione anomala inerente l’assetto societario», segnalata al liquidatore.

Ma il meglio (o il peggio) deve ancora venire. I veri “mostri”, per l’Ufficio liquidazioni, saranno i Consorzi Asi e gli Ato. Per i primi l’iter non è partito «in quanto non si è ancora definito l’insediamento dei commissari liquidatori». Per i carrozzoni dei rifiuti, invece, il caos è già nero su bianco. Fra le «criticità» segnalate, la raffica di cause con i creditori degli Ato che chiedono soldi alla Regione, la quale formalmente non c’entra nulla. Tant’è che l’Ufficio ha chiesto di modificare le norme regionali per «rendere chiaro e inequivocabile il ruolo e la natura nella gestione liquidatoria unitaria». Chissà quanto tempo passerà.

Un altro capitolo riguarda le Aast. La cui liquidazione «non è stata dichiarata chiusa». Aperti ancora contenziosi, ma anche verifiche su posizioni contributive, mentre «non si è ancora provveduto alla voltura catastale per il trasferimento dei diritti reali dei beni immobili delle Aziende al patrimonio regionale». Ad “appena” 13 anni dall’inizio della dismissione. Segna il passo anche la liquidazione dell’Ems (Ente minerario siciliano), che – dopo aver chiuso il contenzioso con Italkali – ha ancora pendenze aperte. E le cause in corso (chissà ancora per quanto tempo) nei tribunali bloccano anche la chiusura dell’Espi (Ente siciliano per la promozione industriale).

Paradossale, infine, il caso dell’Arsea. L’Agenzia regionale per le erogazioni in agricoltura, una sorta di “Agea sicula”, istituita nel 2006, ma che «di fatto non ha mai operato». Ma a undici anni di distanza «le ordinarie procedure di liquidazione non sono state avviate per l’assenza del rappresentante legale dell’Agenzia». Uno strano caso, con scontri anche all’interno dei palazzi della Regione, finito negli ultimi mesi sul tavolo dell’Ufficio liquidazioni. Che, oltre ai contenziosi fra ex dirigenti e assessorato all’Economia, ha riscontrato la mancata approvazione dei bilanci dal 2011 al 2014.

Una storia infinita, quella delle partecipate della Regione. E magari il rinvio del finale conviene a qualcuno. «La relazione fornisce un quadro sull’iter delle liquidazioni ma non il dettaglio della spesa per le risorse umane impiegate. In base a quanto emerso – annuncia la deputata regionale Angela Foti (M5S), firmataria dell’emendamento alla Finanziaria 2017 che introdusse l’obbligo di fornire una relazione annuale – presenterò una richiesta di accesso agli atti per conoscere l’ammontare dei compensi percepiti dai commissari liquidatori».

Twitter: @MarioBarresi

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