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IL CASO

La truffa dei collezionisti catanesi, in 7 rischiano il processo: vendevano come veri “falsi d’autore”, da Modigliani a Picasso

Giovanni Gibiino sarebbe stato il regista di un gruppo di venditori di opere d’arte contraffatte

Di Laura Distefano |

Una truffa a regola d’arte. Sarebbero riusciti a raggirare anche occhi esperti spacciando per “autentiche” opere di artisti di fama internazionale. Quadri che se fossero stati “originali” avrebbero un valore economico, ma soprattutto artistico, incalcolabile. Nella “carta delle offerte” a galleristi e collezionisti capolavori di Modigliani, De Chirico, Picasso, Matisse, Renoir, Botero. Solo per fare degli esempi. Il professionista catanese Giovanni Gibiino, il gallerista Maurizio Cascone e il critico d’arte Cristian Parison sarebbero stati i registi di un’organizzazione criminale dedita alla «realizzazione e la vendita di opere d’arte contraffatte».

Ma l’indagine, curata dalla Squadra Mobile, ha scoperchiato anche diverse truffe che hanno superato i confini siciliani, toccando Brescia e Forlì. I tre però si sarebbero avvalsi della collaborazione di alcuni complici, come Salvatore Russo (accusato con Gibiino di contraffazione) che avrebbe avuto il ruolo di produrre materialmente le opere da mettere sul mercato come autentiche. Tra le opere “incriminate” tre chine e il ritratto di Maia di Picasso, un paesaggio di De Chirico. A finire nel calderone anche Marco Golzi, Cristiano Ragni e Michela Trovato. I primi due avrebbero avuto il ruolo di “intermediari” per piazzare i “falsi”.

La richiesta di rinvio a giudizio

Per i sette è arrivata la richiesta di rinvio a giudizio firmata dalla pm Agata Santonocito. Il prossimo 14 aprile ci sarà l’udienza preliminare davanti al gup Sebastiano Fabio DiGiacomo Barbagallo.

Per la Procura «Gibiino e Cascone» avrebbero creato il loro centro logistico delle truffe nella «Modern art gallery” (gestita da Cascone) per intrattenere le trattative truffaldine e in alcuni casi di concludere l’affare (come quello della testa di Cariatide di Modigliani) e si occupavano di procacciare la clientela e di proporre la vendita o lo scambio di opere d’arte».

Il meccanismo della frode

Ma come si muovevano i tre imputati? La tesi accusatoria è ben delineata nel primo capo d’imputazione. Gibiino «nella qualità di promotore» avrebbe« intrattenuto continui rapporti con il professore Russo» che sarebbe stato « incaricato di realizzare le copie delle opere da piazzare sul mercato e sovente di riprodurre le firme degli autori». Inoltre il catanese avrebbe «coordinato l’operato» dei complici. Avrebbe delegato a Cascone «la funzione di procacciatore d’affari» e avrebbe «affidato a Parisot il ruolo di autenticatore delle opere d’arte». Gibiino inoltre, quando sarebbe stato utile, avrebbe prestato il suo ufficio come base operativa del gruppo.

Le truffe

Ma andiamo alle truffe: l’imputato con «artifici e raggiri» avrebbe «strumentalizzato i rapporti di conoscenze personali con gli acquirenti», preparando «documentazione» falsa e ostentando rapporti con «critici d’arte di rilievo internazionale» avrebbe indotto in errore diverse persone sull’autenticità di diverse opere attribuite falsamente a Modigliani, come “Ritratto di donna”, “Donna con cappello”, “Sant’Agata”, “Amazzone”. In una di queste operazioni – con la vendita di due Modigliani – e La teste di Cariatide e Volto di donna con mantello – avrebbe guadagnato 42mila euro. Quindi avrebbe ottenuto «un ingiusto profitto» danneggiando il compratore che avrebbe «acquistato un’opera priva di significativo rilievo economico.

La difesa

Gibiino dal canto suo respinge il disegno accusatorio. E anzi si difende dicendo di essere anche lui una «vittima». «Dimostreremo che anche Gibiino è stato a sua volta truffato – ha replicato a La Sicilia il difensore Gigi Latino – da altri mercanti d’arte. Il mio assistito è sereno e continua ad avere fiducia nell’operato della magistratura. Siamo convinti, comunque, di documentare che non tutti i quadri oggetto delle contestazioni siano dei falsi, anzi sono opere autentiche», conclude l’avvocato.

Tra i reati contestati a Gibiino ci sono anche quelli di ricettazione di «9 reperti di avorio elefantino» e detenzione illegale di armi. La polizia ha trovato nella sua abitazione e nel suo ufficio una Carl Walter calibro 9×18 , una Steyer calibro 6,35, due revolver, un Browing calibro 12, due fucili Beretta (calibro 12 e 28) e due doppia canna e 38 cartutcce calibro 22. Pare che oltre a collezionare opere d’arte l’imputato avrebbe un debole per pistole e fucili.COPYRIGHT LASICILIA.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA